Abbiamo continuato ad andare avanti, forse un po’ spinti, o forse per un effetto gregge incontrollato, senza accorgerci che da qualche parte poteva anche esserci un burrone. E se per andare avanti, adesso, fosse meglio fare un passo indietro?

Continuiamo a correre in avanti, siamo una società ai limiti eppure non rallentiamo mai. Nemmeno per chiederci se tutto ciò che ci circonda va bene così. Se ci va bene così. Se le nostre vite sono a posto come sono, o vorremmo qualcosa in più da questa realtà in cui viviamo.
Prima sono arrivati i grandi centri commerciali. Nessuno ci ha mai obbligato a entrare, eppure l’abbiamo fatto, continuiamo a farlo. Lamentandoci nel frattempo che tutti i nostri paesi stavano perdendo la propria identità con i negozietti storici che andavano man mano a scomparire, insieme all’umanità e le relazioni che si creavano andando nelle botteghe di paese. Perché nei centri commerciali tutto è orientato al profitto, niente sconti, niente umanità. Pagare e andare. Ma il fruttivendolo da cui andavi tutti i giorni un po’ di sconto te lo faceva, anche il panettiere, anche dove compravi i vestiti o te li facevi aggiustare. Abbiamo fatto alzare i prezzi della nostra vita e l’abbiamo fatto noi. Abbiamo tolto i sorrisi e le relazioni umane dissociandoci sempre di più dal mondo esterno, ma l’abbiamo voluto noi. Nessuno ci ha obbligato. Ci hanno un po’ spinto dentro, ma in libera scelta in ogni caso. Ogni nostra scelta ci ha portato qui. Ora ci lamentiamo del mondo che abbiamo contribuito anche noi a creare.

E del cibo? Quella è stata una conseguenza. Niente più qualità, soltanto quantità. Carne di ultimissima qualità con animali imbottiti di steroidi che poi ci mangiamo e crediamo che al nostro corpo vada bene così. Gli allevamenti intensivi inquinano così tanto da rendere cancerogene le aree abitate attorno. Mangiamo frutta e verdura che non ha tempo di maturare perché deve essere venduta e viene fatta crescere in celle di trasporto per essere pronta ai banchi dei grandi negozi. Tutto quello che mangiamo rischia di crearci malattie e tumori ma facciamo finta di niente, anche questo in fondo, l’abbiamo voluto noi.

Infine è arrivata la tecnologia. Per un po’ ha migliorato le nostre vite, ci sono stati indubbi vantaggi nella quotidianità di ognuno di noi. Ma ora non stiamo andando un po’ oltre?
Ho letto che recentemente un uomo ha vinto un concorso di fotografia perché la giuria non si è accorta che quello scatto non era reale: l’aveva creato l’intelligenza artificiale. Così tra cento anni le persone incontreranno per strada qualcuno che cammina e non sapranno dire se quello che hanno appena incrociato era umano o era un robot. Ma è davvero questo quello che vogliamo?
L’intelligenza artificiale sostituisce i lavori, gli scritti, sostituisce l’arte e sostituisce la capacità di pensare degli uomini che non hanno più bisogno di pensare e di inventare: c’è una macchina che fa tutto per loro. Ma questo porterà a una diminuzione dei posti di lavoro, gente che non ha soldi non potrà nemmeno comprare le materie che vengono prodotte da sempre più automi... Come può reggere un sistema sociale del genere? Il fatto è che chi è ricco vuole esserlo sempre di più, senza considerare le evoluzioni future della nostra società.

Ci hanno propinato social network con la promessa che saremmo stati tutti sempre più vicini e siamo finiti per non essere mai stati più soli di così. Non ci guardiamo più in volto, non sappiamo più che cosa prova chi abbiamo di fronte. Ci siamo chiusi con l’illusione di avere chiunque a portata di mano. Ma se ci guardiamo attorno, non ci è rimasto più nessuno.
Forse, bisognerebbe ricominciare da un passo indietro rispetto a dove ci troviamo ora.
Ci hanno regalato dei sogni e dei desideri a basso costo ma in una quantità spropositata che non si era mai vista nel mondo prima. Ma si sa che spesso i prezzi bassi sono anche sinonimo di poca qualità. Così siamo sempre più infelici, sempre alla ricerca di qualcosa che in fondo, nemmeno c’è.

Ci continuano a vendere una felicità finta, sempre un po’ più in là. Ma non c’è. Inutile continuare a cercarla. Cominciamo a farci bastare quello che abbiamo, perché forse lì c’è un piccolo segreto di felicità che non riusciamo mai a considerare. Nel poco, non nel molto. In quello che c’è, non in quello che non c’è e forse non ci sarà mai.
E rallentiamo, di tanto in tanto.
Il mondo del lavoro ci chiede ogni giorno di più per arricchire sempre qualcun altro. Anche questa è una scelta nostra, lo stiamo facendo da troppo tempo. Ogni tanto, ricordiamoci di noi.
Il fatto è che nessuno ce l’ha chiesto questo mondo, ma ce lo siamo ritrovati in mano all’improvviso e se all’inizio ci sembrava qualcosa di magico, ora ci troviamo che non sappiamo più di cosa farcene.
Però possiamo provarci a fare del nostro meglio, perché la speranza, quella, non muore mai.
Come si dice: votiamo ogni volta che facciamo la spesa. Diamo un peso alle nostre scelte, anche le più piccole, perché sono anche quelle che saranno determinanti, per il nostro futuro, per il futuro di tutti.
*****************************************************************************************
Per non perderti nessun articolo di questo blog, segui la mia pagina Facebook cliccando QUI oppure Instagram cliccando QUI
Se vuoi scoprire di più sui miei libri, clicca QUI
*****************************************************************************************
Comments