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Intervista ad Alberto Nelli: tra musica, passione e autenticità 🎤

Nel panorama musicale italiano, ci sono artisti che sanno lasciare un segno con la loro voce e la loro sincerità. Uno di questi è Alberto Nelli, cantante e autore che nel corso degli anni ha saputo reinventarsi, mantenendo sempre vivo l’amore per la musica. In questa intervista esclusiva, Alberto ci racconta il suo percorso artistico, i ricordi legati agli esordi con i Divina, le esperienze più significative della sua carriera e la sua visione della musica oggi, tra evoluzione e nuove sfide creative.


alberto nelli

CHI È ALBERTO NELLI

Alberto Nelli è un cantante e musicista toscano noto per la sua voce calda e per la sua lunga esperienza nel mondo dello spettacolo. Dopo aver mosso i primi passi nella scena live italiana, ha raggiunto la popolarità come frontman dei Divina, gruppo musicale che si è distinto per energia, ironia e capacità di unire pop, dance e spettacolo in un mix travolgente.


Con i Divina, Nelli ha calcato palchi importanti, partecipando a programmi televisivi e a eventi in tutta Italia, costruendo una carriera fatta di professionalità e passione. Oggi porta avanti nuovi progetti artistici da solista, mantenendo intatta quella voglia di raccontarsi attraverso la musica e di emozionare il pubblico con autenticità e leggerezza.

Ciao Alberto, grazie per aver accettato di far parte della nostra sezione di interviste. Ci parli del tuo ultimo singolo ‘Sono Mica Cattivo’, che sa di rock? Ci parli di come è nato?


Ciao ragazzi, grazie a Voi per l’invito. Il cantautorato e il rock sono stati da sempre i miei generi di riferimento, ci sono cresciuto musicalmente e perciò per me è stato naturale intrecciarli. In questa canzone la scelta stilistica è nata dal testo, che aveva bisogno di un arrangiamento capace di restituire la forza necessaria a quello che voleva essere il messaggio. Con Gabriele Guidi, che ha firmato con me il brano e che si è occupato della produzione artistica, in studio ci siamo lasciati guidare letteralmente dall’istinto, pertanto, è stato un lavoro molto spontaneo, fatto di sensazioni e vibrazioni condivise, cercando però, come sempre, di mantenere intatto quello che io amo definire un pò il mio “marchio di fabbrica”. Sono soddisfatto e felice di come tutto questo abbia dato al pezzo l’energia e l’atmosfera che avevo in mente.

Nelle tue canzoni quanto c’è di autobiografico e quanto invece sono riflessioni universali?


C’è sempre molto di autobiografico nelle mie canzoni. Amo raccontare esperienze vissute in prima persona, momenti personali, stati d’animo che mi appartengono. A volte però, sento anche il bisogno di partire da ciò che vedo intorno a me: situazioni, persone o storie che comunque mi hanno in qualche modo colpito. Quindi, anche quando non parlo di me direttamente, c’è comunque un forte legame con quello che vivo da spettatore e mi ruota attorno. La mia musica è sempre un riflesso del mio mondo interiore e di quello che osservo.

Le cose più importanti che speri di aver comunicato con la tua musica?


Spero di aver comunicato sincerità. Nella mia musica ho sempre cercato di essere vero, di raccontare ciò che sento, nel bene e nel male. Non mi è mai interessato piacere a tutti ad ogni costo. Se qualcuno, ascoltando una mia canzone, si è sentito meno solo o ha ritrovato sé stesso, allora credo di aver già vinto. Provo nel mio piccolo a lasciare una traccia, un qualcosa che resti. Se anche solo una persona riesce a sentire tutto ciò, allora ne sarà valsa la pena.

Alcuni sociologi sostengono che ci troviamo nell’era del narcisismo cronico. Pensi che le persone riescano ancora ad amare, crediamo ancora nell’amore romantico o ci siamo troppo disincantati? 


Credo che le persone riescano ancora ad amare, forse è solo più difficile riconoscerlo. Viviamo in un periodo storico in cui tutto è molto esposto, filtrato…Forse è per questo che si parla di “narcisismo cronico”: perché l’amore richiede vulnerabilità e questa oggi fa paura. Io sono un eterno romantico e penso che l’amore, quando è autentico, sia la forma più profonda di resistenza al cinismo. Anche quando a volte mi sembra che il disincanto possa aver preso il sopravvento, fortunatamente poi mi capita di ascoltare una parola gentile o di vedere due persone che si prendono per mano e mi piace pensare che l’amore c’è ancora.


Tra il 2004 e il 2006, con i Divina hai conosciuto una popolarità importante, con brani come ‘Amanti Isterici’ e ‘Leccherai l’amore’ che hanno girato parecchio in radio. Sei contento di quello che avete fatto in quel periodo? O cambieresti qualcosa di ciò che avete creato?


Non cambierei nulla di quel periodo. E’ stata un’esperienza importantissima, forse la più bella da un punto di vista professionale. C’è anche da dire che erano anni diversi, un contesto completamente differente da quello di oggi. Non esistevano i social, algoritmi o strategie digitali. Tutto passava attraverso la musica, le radio, le televisioni e soprattutto i live. La cosa più bella era il contatto diretto con le persone. Se qualcuno voleva seguirti, comprava i dischi e veniva ai concerti per ascoltarti dal vivo ed incontrarti. C’era un rapporto più umano tra l’artista e chi amava quello che facevi. Tutto questo dava più peso al contenuto e al valore artistico in sé. Oggi invece viviamo in un’epoca in cui prevale l’apparenza, l’immagine e proprio per questo, se mi guardo indietro, mi rendo conto di quanto fosse prezioso quel modo di vivere la musica.

Perché il cantautorato non riscuote più successo? Cosa manca nella musica degli ultimi tempi?


Credo che il cantautorato non abbia perso valore, piuttosto visibilità. Tutto scorre velocissimo e la musica spesso viene consumata più che ascoltata. Il cantautorato ha bisogno di tempo per essere capito, per sedimentare e per creare un legame emotivo con chi ascolta. E questo tempo oggi sembra quasi un lusso. Ci sono ancora oggi tanti bravi artisti che scrivono cose intense, ma spesso non hanno modo di arrivare al grande pubblico perché il sistema tende a premiare ciò che è più facile, più veloce e più “scrollabile”. Però voglio credere che prima o poi le parole vere, le canzoni che raccontano qualcosa di autentico, seppur in modo più lento e silenzioso, trovino sempre la loro strada.

Cosa differenzia secondo te, la musica contemporanea da quella degli anni ’90?


La musica degli anni ’90, come del resto quella precedente fino ad arrivare ai primi anni 2000, aveva un respiro diverso. Era più spontanea. C’era una ricerca vera, voglia di sperimentare e di trovare un linguaggio personale, anche a costo di sbagliare. Oggi invece la mia sensazione è che tutto sia più studiato e costruito a tavolino. Prima c’era tutto un percorso e un processo lento, che partiva dai live nei piccoli locali fino (se uno era bravo e aveva la fortuna di avere alle spalle una struttura altrettanto brava ed importante) ad arrivare al grande pubblico. Oggi invece il successo può arrivare in un attimo, anche con un brano che diventa “virale”. Ma altrettanto velocemente, il successo può svanire. Non credo che la musica di oggi sia tutta peggiore, semplicemente è figlia di un’altra epoca. Forse si è perso un po' di profondità, ma ogni tempo ha la sua verità e anche oggi, se si guarda bene, ci sono artisti che provano ancora a raccontare qualcosa di vero, anche in mezzo a un mare di rumore.

 La tua canzone a cui sei più legato e quella non tua che avresti voluto scrivere


Sono legatissimo a tutti i brani che ho scritto, perché li reputo un po' come dei figli. Se però devo citare una canzone, forse “Amanti Isterici”, perché è quella con cui è cominciato tutto: il primo contratto discografico, il primo singolo, la prima volta che mi sono sentito in radio. La canzone che mi ha fatto salire per la prima volta su palchi importanti e che mi ha portato in giro per l’Italia con la band. Insomma, l’inizio di un sogno e per questo avrà sempre un posto speciale per me. Oggi sento però che ce ne sarà un’altra a cui sarò legatissimo e che uscirà a Dicembre nel mio nuovo album: quella dedicata a mio padre che purtroppo è venuto a mancare lo scorso anno. Quanto invece alla canzone che avrei voluto scrivere…direi “Scrivimi” di Nino Buonocore. Un brano che reputo tra i più belli della musica italiana. Raffinata, intensa e senza tempo.

Sappiamo che hai scritto l’inno del Pisa, è stato diverso scriverlo rispetto alle altre canzoni? Com’è scrivere una canzone per un pubblico di massa?


Io ho dedicato una canzone alla mia città e alla mia squadra del cuore. Non l’ho composta pensando ad un pubblico “di massa”, ma con lo stesso approccio con cui scrivo canzoni d’amore. Solo che invece di dedicarla a una persona, l’ho scritta per Pisa e per il Pisa. Sono state molte persone poi a considerare “Pisa grande amore” una sorta di inno e, anche se di fatti non lo è, questo non può che farmi piacere.

Quindi, da un punto di vista creativo non è cambiato niente: quando scrivo cerco sempre di essere me stesso e le mie emozioni, con la speranza che arrivi al maggior numero di persone possibile.

Quali sono i tuoi progetti futuri?


Spero di poter continuare con entusiasmo e serenità a fare musica, cercando di riuscire a condividere con il maggior numero di persone possibile le mie nuove canzoni. A dicembre uscirà il mio nuovo album e quindi adesso mi sto concentrando su questo. Con la speranza di tornare subito dopo con i live. Quello che mi è mancato di più forse è stato proprio esibirmi dal vivo e stare in mezzo alla gente. Poi, anche sul fronte collaborazioni, ci sono già delle belle cose in cantiere, una su tutte che mi emoziona e mi stimola molto, ma di cui adesso non posso dire niente. Spero di potervi svelare i dettagli ad inizio anno nuovo.


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