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Intervista al cantautore Stefano 'Cisco' Bellotti: una vita sul palco dai Modena City Ramblers alla vita da solista

Immagine del redattore: Ivana FerriolIvana Ferriol

Aggiornamento: 5 giorni fa

Dieci domande per conoscere meglio (anche se non ha bisogno di presentazioni) uno dei pilastri della grande musica d'autore e cantautorale italiana: Stefano 'Cisco' Bellotti, dal 1992 al 2005 anima dei Modena City Ramblers per poi percorrere il resto del cammino da solista. Con il gruppo reso celebre da canzoni come Ebano o I Cento Passi o In un giorno di pioggia, Cisco ha venduto più di un milione copie collezionando migliaia di date in tour tra l'Italia e l'Europa.

Ecco l'intervista che Stefano 'Cisco' Bellotti ha gentilmente concesso a Ivana Ferriol per ilrespirodellestelle.com

cisco modena

Ciao Cisco e grazie per aver accettato il nostro invito. Per noi è un onore averti come ospite sul nostro blog!

Iniziamo con la prima domanda: in che modo la società e la musica si influenzano l’una con l’altra?

Partiamo dal concetto che la società è formata anche dalla musica e da ogni forma d’arte, quindi la musica deve influenzare la società, deve far riflettere e porre domande, non necessariamente dare risposte.

Far nascere questioni importanti però sì: per esempio su come si può migliorare la convivenza tra le persone o denunciare soprusi o ancora dare voce a ciò che non funziona. Quindi è ovvio che la musica peschi dalla società e dalla cronaca, ma allo stesso tempo la società dovrebbe ascoltare e porre attenzione ai temi che sono nell’arte e nelle tematiche offerte dalla musica.


Le cose più importanti che speri di aver comunicato attraverso la tua musica?

Le cose più importanti che spero di aver trasmesso è innanzitutto di essere riuscito a far passare il messaggio di essere una brava persona e di aver collaborato, in qualche modo, al migliorare il mondo in cui viviamo.

Non m’interessano i freddi numeri delle classifiche e delle vendite, ma ciò che per me è importante è l’essere coerente con quello che canto e essere in qualche modo fedele ai valori che mi rappresentano nella vita quotidiana.

 


Cosa manca alla musica degli ultimi tempi?

Mancano i valori. L’unico valore che sembra importante ai nuovi artisti è il denaro, scalare le classifiche e far vedere che si è più grossi degli altri. Io non concepisco la musica come una gara. Non ho mai voluto partecipare a gare dove uno prevale sull’altro. Per me l’arte è condivisone ed espressione di idee e valori che negli artisti di oggi non vedo. E quindi non m’interessano, al di là della musica che fanno che trovo spesso inutile e ripetitiva.


La canzone tua a cui sei più legato e quella non tua che avresti voluto scrivere tu?

La canzone a cui sono più legato è Ebano ma anche I cento passi.

Ebano perché mi ha dato la consapevolezza di poter scrivere canzoni importanti in un periodo in cui non avevo nessuna certezza. I cento passi è diventata un inno per le nuove generazioni e credo sia il brano che rimarrà storicamente nel mio repertorio. Entrambe mi rappresentano nel profondo in quello che sono e che voglio dire.

Delle canzoni altrui avrei una lista infinita di brani che mi sarebbe piaciuto scrivere ma non ho la capacità, o il tempo. Potrei citare gran parte del repertorio di Bob Dylan, che ha scritto opere d’arte che potrebbero essere esposte nei musei. Infatti è l’unico cantante ad aver vinto un premio Nobel per la letteratura. Mica pizza e fichi!

Ma anche gran parte del repertorio della discografia  dei Beatles. Ogni volta che scopro una canzone che mi piace mi chiedo: “ma come cavolo hanno fatto a scrivere una canzone così bella"


Mi innamoro ancora oggi delle canzoni altrui. Io sono un fan della musica, amo scoprire canzoni che non conoscevo. A volte canzoni minori che hanno però della grande arte all’interno.


Dov'è il confine tra amore per la pace e per la libertà?

Non c’è libertà senza pace e viceversa. Sono due concetti per me molto legati. Bisogna raggiungere la libertà in maniera pacifica, anche se il concetto di libertà è un concetto a doppio taglio. Libertà non significa avere la libertà di fare tutto quello che uno vuole e possedere tutto quello che uno vuole. Per me il concetto di libertà è l'idea di sapere di vivere in pace senza rischi, non doversi guardare le spalle, nel rispetto di ognuno e delle vite di tutti gli altri, per me è questo il concetto di libertà. Non possedere o fare tutto quello che si vuole.

Il mio concetto di libertà e pace è molto diverso dall'idea di libertà di alcuni politici oggi in America.


Noi ti conosciamo per il tuo stile musicale influenzato dalla tradizionale musicale italiana, cantautorale e popolare, con sonorità irlandesi e sudamericane. Ci sono altri stili con cui ami sperimentare e che magari non hai mai portato sul palco?

Io sono tutto quello che avete detto, l’amore per la patria, per il folk, per la musica popolare, folk irlandese, o americana, sono tutti territori che ho esplorato e fatto nelle mie canzoni. C’è un’anima che magari ho celato, cioè ho poco esplorato. Io sono un vecchio rockettaro, sono cresciuto nella mia adolescenza ascoltando rock e metal. E quel mondo mi piace ancora tanto e lo esterno durante i concerti. Mi piacerebbe un giorno di fare qualcosa di più rock nella mia produzione discografica e anche live.


Chi ti ha visto dal vivo sa bene che il meglio lo dai live. Non c'è paragone tra l'ascoltarti in cuffia e dal vivo. La senti anche tu questa differenza? C'è una tua esibizione, non necessariamente un concerto, a cui sei particolarmente legato?

Nasco come cantante dal vivo perché salgo sul palco ubriaco o alticcio e canto canzoni tradizionali irlandesi, da gruppo sconosciuto diventiamo improvvisamente un gruppo popolare e ciò è pazzesco.

Mi piace quando sono in studio ma non sono un grande amante della tecnologia, quindi non sopporto mezzi di registrazione in casa. Per me la musica nasce da chitarra e voce e poi dopo viene lavorata da esperti, da chi ha la capacità di produrla. Ma io sono legato a sentire solo una chitarra e voce che dica le cose con suoni e con la voce giusta.

Sono un cantante dal vivo, da palcoscenico, mi trovo bene quando sono live, non ho mai sofferto di ansia da prestazione perché sul palco sono al mio posto e sto bene, devo dire che esprimo al meglio la mia arte quando sono lì.

Non disprezzo i dischi ma sono più a mio agio sul palco. Infatti la mia discografia vede tante produzioni live perché sento di dare lì il mio meglio.


Chi porta la ghigliottina in piazza prima o poi trova uno o più Robespierre di lui. Tiziano Terzani è andato in depressione dopo aver testimoniato a così tanto sangue versato e violenze in nome di rivoluzioni fallite.

Non saprei cosa risponderti, dico che bisogna fare ciò che è necessario fare, se devi testimoniare violenza, devi continuare a farlo. C’è una canzone che ogni volta che canto soffro tremendamente, si chiama Per sempre giovani ed è una canzone sulla strage avvenuta nel 1990 in una scuola in provincia di Bologna, a Casalecchio di Reno, quando un aereo militare, abbandonato dal pilota, è entrato in una classe e sono morti 13 ragazzi segnando la vita di centinaia di altri.

Ho ascoltato le storie dei sopravvissuti dal vivo e quando canto quella canzone soffro parecchio e non la faccio spesso, ma ogni tanto bisogna cantarla perché è necessario trasmettere e tramandare queste vicende, per non dimenticare, per i superstiti.



Guccini nella sua L'Avvelenata lo dice chiaramente: con le canzoni non si fanno rivoluzioni. La musica può quindi al massimo fare da sottofondo e il cantautore fare il cantastorie quando si parla di battaglie? Oppure ha il potere di mobilitare le persone? Perché il cantautorato non riscuote più successo nonostante ci siano tante battaglie da combattere e contesse da sconfiggere?

Guccini aveva perfettamente ragione, non è che con la musica fai la rivoluzione. Credo però che sia importante dare a ogni generazione la propria colonna sonora per il cambiamento. Lo è stato Bob Dylan per l’America, i Beatles per tutto il mondo, cantautori in Italia nel periodo di lotta nel 68, lo è stato il punk attraverso urla di rabbia e credo sia necessario continuare a farlo. Non è che la musica cambia la storia, ma serve anche la musica per dare spallate. Sono sicuro di quello che dico.

Oggi non c’è più questo, perché hanno trasformato la musica in un solo sottofondo senza valori, togliendogli la capacità di rottura che aveva fino a 20 anni fa. Poi è iniziato uno svuotamento che ha portato a quello che abbiamo oggi nella classe musicale italiana.

Sono convinto però che ancora oggi ci sia spazio per nuove voci fuori dal coro che possano muovere coscienze e far riflettere.


Siamo a settembre del 2045. La pace regna in Europa dopo la guerra che l'ha dilaniata per cinque anni. In Italia il regime fascista al potere da 20 anni è stato abbattuto. Sull'appennino emiliano una brigata partigiana accende un fuoco, fuma e ride. Bevono del vino, perché l'allora ministro dell'agricoltura ha detto che l'acqua è letale e questo è l'unico dictat a cui hanno deciso di piegarsi. Stanno cantando: secondo te quale canzone?

Speriamo che non sia così, che non accadrà quello che tu prevedi. Ma sento risuonare nelle valli solo una canzone: Bella ciao.

 

Progetti futuri?

Nell’immediato futuro è quello di suonare, siamo in tour tutta l’estate con i miei ex Modena City Ramblers che hanno lasciato il gruppo, formando a formazione storica di quegli anni.

Sto buttando giù del materiale nuovo che potrà vedere luce in un futuro meno immediato, ma sto cominciando a ragionarci.

Quest’anno ci sarà da festeggiare gli 80 anni dalla liberazione e avremo tanti concerti nel weekend del 25 aprile: sarò a Casa Cervi come tutti gli anni ormai da 10 anni a questa parte e quest’anno sarò anche il direttore artistico della manifestazione.


Grazie mille a Stefano Cisco Bellotti per questa meravigliosa intervista e per l'estrema gentilezza e disponibilità dimostrata.


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Scrittore, viaggiatore, sognatore. 

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