Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla.
“Ciao, ma cosa ti è accaduto? Hai una faccia, confidati con me lo sai sono il tuo migliore amico “
Non so come iniziare ma qualcuno ha abusato di me. Mi sentivo triste perché mi ero appena lasciata con il mio ragazzo e per divagarmi un po’ sono andata in discoteca. Mi hanno avvicinato due ragazzi, mi sono fidata perché uno di loro abitava nel palazzo di fronte al mio. Due balli, un bicchierino di troppo e poi…il nulla. Mi sono ritrovata in un vicolo fuori della discoteca quando hanno iniziato a palpeggiarmi e ad abusare di me. In quel momento non ho provato nulla, unica compagna la solitudine.
Mi sono sentita indifesa cercando qualcuno che mi potesse aiutare. Ho provato a gridare ma non ci sono riuscita perché la paura soffocava la mia voce a quel punto non ti puoi ribellare così ti lasci andare aspettando in trepida attesa che tutto finisca al più presto. Mi sono trovata così seminuda gettata e abbandonata in terra come fossi un rifiuto in quel vicolo buio. Nella tua mente non c’è posto per niente solo il vuoto, nessuna porta aperta e cerchi uno spiraglio in cui entrare ma di fronte a te c’è solo un baratro dove buttarti.
Il mio amico è molto scosso mi abbraccia e mi sussurra in un orecchio: “Mi dispiace credimi, mi vergogno di essere uomo“.
Non l’ho più rivisto.
Sono passati vent’anni e questo brutto ricordo è ancora vivo nella mia mente.
di Mirna Cara
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