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Immagine del redattoreIvana Ferriol

Dino Lanzaretti - Un viaggio lungo una vita

Una vita piena di viaggi estremi in bicicletta. La vita di Dino Lanzaretti, che abbiamo avuto ospite nella 38a puntata di 'C'è vita anche il lunedì'. Abbiamo voluto trascriverla, per chi volesse vivere un po' con lui le sue incredibili avventure.

Dino Lanzaretti

Rudy Pesenti:

Il posto che più ti è rimasto nel cuore e dove ritorneresti domani.

Dino: Io penso che ritornerei in ogni posto dove sono stato, perché con il tempo le cose cambiano e cambi anche tu, quindi le cose che hai visto una volta con quel background non sono le stesse e se dovessi tornare in un posto dove sono già stato, rivedrei tutto sotto un’altra ottica.

Di tutti i posti quelli che mi sorprendono tra tutti è sicuramente l’Iran perché tu hai sempre preconcetti, per quanto possa essere di aperte vedute. E quando questi concetti vengono spianati rasi al suolo significa che quel viaggio è valso la pena. L’Iran lo chiamavano il paese canaglia dove la gente ti sgozza per strada. Io non ricordo di aver mai dovuto pagare per dormire o per mangiare. Una volta ho dato il numero di telefono a uno sconosciuto per strada e mi chiamava 18 volte al giorno per sapere come stavo se avevo bisogno di qualcosa. In alcuni villaggi dovevo fare da paciere perchè si menavano “Vieni a dormire da me” “No, deve venire a dormire da me!” “Tranquilli, passo la cena e dormo da te e la mattina vengo a fare colazione da te”. Ho dormito ovunque dentro alle moschee in qualsiasi luogo e quando sono andata lì in tandem Simone, ipovedente, anche lui aveva problemi alla vista e nel mondo islamico hanno un grande rispetto per le persone non vedenti ci sentivamo sicuri ovunque. È stato bellissimo. Ci tornerei.

 

Rudy Pesenti:

Io sono molto appassionato di Africa , ci sono stato anche l’estate scorsa a costruire una scuola. Tu ci sei stato? Anche lì ho trovato un'accoglienza sempre incredibile...

Dino: La penso come te, sì, ci sono stato in Africa.

Sono arrivato lì sempre con quel bagaglio di preconcetti.

C’è questa comunità che ti accoglie. Mi hanno portato via tutto, sono stato derubato

Ero con la mia morosa. Quando vai in Patagonia o in citta millenarie dell’Asia tu hai davvero un approccio molto forte con la cultura che vedi con le montagne. In Africa invece c’è il nulla per chilometri. Non ci sono strutture umane, a volte mi pesava tantissimo questa monotonia paesaggistica. Capisci che non fai il safari ma vai per stare con le persone.

Non vai in Africa per vedere gli animali, ma devi essere pronto a farti un bagno di umanità.

Noi eravamo vegetariani, ma avevano fatto fuori le bestie più preziose per farci mangiare.

Ogni persona che incontravamo per strada ci ha sorriso. Anche lì mi sentivo molto sicuro.

A volte la gente che viaggia è frenata dal senso di sicurezza.

Abbiamo subito un furto ma nel villaggio dove eravamo non abbiamo dovuto pagare per dormire o mangiare, e la gente ci han coccolati scusandosi per il furto, impegnandosi e trovando il ladro e la refurtiva.

Hanno bloccato entrate e uscite del villaggio per trovare il ladro.

Con la mia ragazza guardavamo su Google alcuni luoghi recentemente e siamo caduti sull'Africa. Prossimamente andremo là probabilmente.

Penso che andremo Uganda, Rwanda, in quella zona.

Loosuk, Samburu, Kenya

Ivana Ferriol:

Dino volevo chiederti viaggiare soli o in compagnia. Quali sono pro e contro?

Dino: Da soli non esistono contro. Mi fa ridere chi racconta di avventure solo.

Per me solo è molto più facile, prendi le decisioni in nanosecondi, sei con la persona a cui tieni di più, cioè te stesso.

Capisci chi sei, scavi dentro di te.

Quando viaggi con qualcuno invece c’è il compromesso.

Viaggiando in centro America con la mia ex lo sentii il peso che devi proteggere qualcun altro, soprattutto quando mi sono trovato in situazioni particolari. Ti senti responsabile. Altre volte sono stato in viaggio con persone con un background maggiore del mio e allora in quel caso ti senti sicuro, perché vedi che se hai un dubbio, quello davanti l’ha elaborato e ha già trovato la soluzione.

Adesso faccio la guida, e una cosa che dico alle altre persone è: “Vai tranquillo, che se c’è un problema, penso a tutto io”.

Quando viaggi con una persona che conosci, con cui sai che stai bene, si crea un mood impagabile. Se invece viaggi con una persona che dipende da te è un compromesso costante.

Quando ero con Simone, il tandem pesava 224 kg, 4,60 metri di affare, è stata veramente difficile. Uno dei più difficili, molto più di quello in Siberia. Il tandem non è un oggetto per cui sommi le potenze di chi spinge. 10.000 km dall’Italia al Pakistan, fermalo in discesa un affare del genere!

È stata tosta ma divertentissimo, due persone con due teste.

Con la mia ragazza siamo andati in Kirghikistan, siamo stati benissimo, c’è affinità, un giorno va uno più lento, l’altro giorno l’altro, ognuno sa quello che deve fare, diventa puro divertimento.


Rudy Pesenti:

Che bello che ci sono persone che cercano di fare qualcosa di diverso.

Io ho iniziato con la bici all’asilo. Ho fatto ciclismo agonistico a 7 anni fino a 19 anni ma non ho mai pensato di fare cose estreme come te. E dico: cavolo che bello, mi manca e ti ammiro per la tua capacità.

Dino: Il segreto non è andare in bici, io sono nato come un viaggiatore, volevo viaggiare. Ero un curioso che andava in India per vedere se davvero avevano incontrato Dio. Poi ho iniziato a scalare montagne e ho capito che questa cosa di meritarti il luogo dove sei non ha prezzo. Sei arrivato lì facendo fatica, impegnandoti un sacco, sei sulla cima e vedi il tramonto. Non c’è un metro di misura per provare quella gioia lì. Però ho capito che come alpinista ero scarsissimo. Ho incontrato una ragazza che viaggiava in bicicletta e non avevo mai collegato viaggio e bici. Ma quando per sbaglio dopo varie spedizioni in Sud America, in Himalaya come alpinista, ho capito che mi ero rotto di stare nei campi base con alpinisti dove uno era più figo dell’altro. Io ero curioso di incontrare la gente e sulle montagne ce n'erano poche. e ho preso una bici da 50 euro. E mi sono accorto che viaggiavo a raso terra, sentivo che tutto ciò che facevo me lo meritavo. Ogni volta che mi fermavo e piantavo la tenda dopo 40/50km, le prime volte ero felice perché incontravo gente. Io amavo viaggiare e la bici è un mezzo fantastico per viaggiare. Io non nasco ciclista, ma viaggiatore.


Rudy Pesenti: mettimi in ordine cronologico il primo viaggio estremo in bici e se vuoi raccontarmi qualche aneddoto

Dino: La prima volta che ho fatto il giro in bici facevo il cuoco sui rifugi in montagna e ogni inverno prendevo lo zaino e andavo sulle montagne. Poi ho deciso di fare altro.

Un inverno il mio datore di lavoro mi ha regalato una bici da 50 euro. Io sono andato in agenzia e ho chiesto il volo che costava meno, era su Bangkok. Io non sapevo nulla su quella città, sono arrivato lì con questa bici molto più piccola della mia taglia, da donna. 2004. Da Bangkok ho fatto un giro tra nord Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia e Myanmar. Mangiavo da dio e costava tutto poco.

Sono finito in una spiaggia famosa e mi sentivo fuori luogo. Mia nonna dice è come andare in bicicletta. Viaggiare in bicicletta è facile. La cosa bella è come vivi le cose, come ti connetti con le persone. A me non interessava di andare forte. Se arrivavo in un villaggio e c’era una festività mi fermavo e m’infiltravo nelle feste. Perché viaggiavo per fare esperienze. Senza obiettivi.


Ivana Ferriol:

Tra l’altro la Thailandia io l’adoro perché si mangia con poco, è super economica.

Dino: Io ho fatto il cuoco, pesavo 100 kg e ho un legame speciale con il cibo e io quando viaggio amo anche assaggiare cibi nuovi.

Lo street food non è come il nostro. Sono i piatti tradizionali che mangi in strada. Ci sono mille piatti, mille cose diverse. E io andavo a conoscere persone che seguivano ricette tramandate da generazioni. Veri artigiani del cibo. Adoro l'amore che mettono per cucinare anche una cosa semplice. In Mongolia non sanno cosa sia il taglio della carne. Se chiedevi un chilo di carne ti davano orecchie, teste, pezzi interi...

E dovevo tagliare io i filetti.


Ivana Ferriol:

Condivido, quando mi sposto devo assaggiare il cibo locale che ti dice tanto su un luogo.

Ho visto che hai fatto viaggi a -60 gradi. Immagino che siano esperienze che ti portano a conoscere persone che ti insegnano come sopravvivere in quelle condizioni. Noi ci siamo evoluti per imparare tecniche di sopravvivenza ma oggi quanti saprebbero sopravvivere cosi? A scuola se si potesse insegnare qualche tecnica, tu cosa spiegheresti?

Dino: farei in modo che le persone avessero questa connessione con la natura. Noi eravamo abituati prima, ora non lo facciamo più. Quando sono stato a -60 gradi mi dicevo che se io potessi sentire dentro di me la memoria ancestrale di tutta l’umanità, allora potrei ricordarmi qualche info utile per sopravvivere. 20000 anni fa sono passati a piedi con le pellicce di mammut. Dovremmo rimparare determinate cose. Riuscire a connettere le persone sul fatto che a noi piace la natura, ma in realtà “noi siamo natura”, ma ciò significa viverla. Il fatto di viaggiare mi ha fatto capire che sei parte di quella roba lì solo che a differenza di quel mammifero il tuo cervello ha avuto un’evoluzione particolare. Ma viaggiando ti accorgi che fai parte di loro. La gente non capisce che facciamo parte di un tutt’uno.

Per uno che vive in città diventa un trauma cercare di far entrare in testa una cosa del genere. Io vivo nella casa di mia nonna e io mi faccio la legna, l’orto, e una volpe oggi mi ha ucciso tutte le galline. Anche tagliare un albero, trasportare. Ma tutte queste cose nessuno le sa fare più.

E servono per sopravvivere e mangiare come cento anni fa. Non è necessario accendere un fuoco con il legnetto. Ma imparare a vivere come i nostri nonni, imparare a fare gli innesti.

Sarebbe bello che tutti sapessero come comportarsi in montagna, come avere rispetto degli animali, che tempo farà guardando soltanto le nuvole.


Rudy Pesenti:

Ricordo quando ero in tenda nella savana, e ti accorgi che sei ospite della Terra e devi disturbare il meno possibile: questo senti quando sei in contatto con la natura.

Io non capisco chi vive tanto la montagna e la inquina e la sporca senza rispetto, così come chi vive in spiaggia e le deturpa invece di salvaguardarla. Ho in mente questa cosa in Botswana: ho buttato la buccia di banana a terra. Mi ha visto uno e mi ha detto di raccoglierla. Perché altrimenti gli animali si abituano al fatto che gli uomini danno da mangiare gli animali. Noi siamo di passaggio e non dobbiamo alterare gli equilibri della natura, in nessun modo, nemmeno con una buccia.

Dino: Ci siamo sconnessi dalla natura. Gente che butta la spazzatura vicino a una spiaggia,. È ignoranza.


Ivana Ferriol:

Per quanto riguarda l’interconnessione con la natura, amo la parola petricore come il mio libro, perché è un odore che noi non dovremmo riuscire a sentire, ma è un profumo che viene dalla notte dei tempi e penso che sia un segnale che il cervello ricorda per sopravvivere.


Rudy Pesenti:

A Stefano Gregoretti avevo fatto avere un telaio, lui partiva con te per il luogo più freddo del mondo. Con Stefano mi ero sentito direttamente. Hai dei consigli pratici per chi vuole andare in posti estremamente freddi?

Dino: state a casa!

Io e Stefano abbiamo fatto questo viaggio e lui era super preparato. Una macchina da guerra. Sembravano lord inglesi dell’800. Non abbiamo speso mai 3 nanosecondi per discutere su cosa fare. Perché lì non hai tempo. Pensavo di sapere tanto ma a livello tecnico c'erano cose che non conoscevo.

I meccanici che avevano montato la bici avevano studiato i diagrammi di ferro, carbonio, materiali della bici. Avevano i grafici e sapevano i comportamenti che potevano avere l’acciaio cromo o alluminio e la trek era di alluminio.

Quelli che hanno montato la bici erano luminari. Avevano sgrassato con ultrasuoni tutto, perché il grasso a basse temperature può dare problemi. La bici di stefano non ha avuto problemi, la mia si.

Se chi è in ascolto vuole andare a -60 gradi mi chiama. Il primo comandamento è non sudare. Se vai in Scandinavia, Patagonia o zone con temperature -30 gradi, la prima regola è non sudare, perché il sudore entra nelle fibre naturali degli indumenti. I piumini sono i più utilizzati perché sono i migliori isolanti. Se ti fermi muori, ma finché pedali va bene, basta non sudare, non produrre umidità. Seconda regola è viaggiare leggeri, avere il minimo indispensabile, tanto non ti cambi, non ti lavi.  Puoi portare solo qualche abito da tenere addosso quando sei fermo, per non gelare. Tutto il giorno bisogna stare a calcolare bene cosa indossare, che tipo di berretto, più o meno caldo, che tipo di guanti. Sappiamo che la testa ha le terminazioni nervose che regolano tutto e devono essere al caldo. Quindi noi utilizzavano dei cappelli che facevano reazione e riscaldavano. Quando inizia a far calore, non ce n’è più bisogno e le metti in tasca. È improponibile a quelle temperature fermarti, accendere un fuoco e farti da mangiare perché dovresti vestirti nel frattempo, noi avevamo una stufa e dovevamo montarla tutte le sere con le pinze, una tragedia... Allora mangiavamo tanto per colazione e restavamo tutto il giorno a digiuno. Senza bere, la sera poi accendevamo il fuoco e mangiavamo di nuovo. In condizioni del genere sono poche le cose da fare e non si può sbagliare. Il fatto di essere in due è stata l’arma vincente perché quando si creano situazioni del genere molto pericolose, uno tiene d’occhio l’altro per soccorrersi in caso di necessità. Come una volta che eravamo in difficoltà e avevamo una sacca da sistemare in meno di un minuto. Che dovevamo togliere stivali e chiuderci in questa sacca. Stefano rideva ma io ero preoccupato. In situazioni così, da solo, facendo tanti errori mi sono trovato in situazioni pericolose. Per fortuna è andata sempre bene.


Ivana Ferriol:

Dino nei  tuoi viaggi c’è qualcosa che ti spinge a viaggiare ancora. Qualcosa che hai trovato o che cerchi ancora?

Dino: Io ho cominciato a viaggiare perché avevo paura di morire ma poi ho fatto solo cose per cui rischiavo di morire. Volevo cercare Dio e sono andato in India. Ma non trovi la risposta alla domanda, ma il motivo per cui ti stavi ponendo quella domanda. Sud America, esperienze sciamaniche. Non so se ho trovato Dio o me stesso. Non so cosa cerco, ma amo continuare a stupirmi. Amo viaggiare per incontrare persone perché davanti a una persona che ti sorride o ti porge un cocco fresco ti rendi conto che queste piccole cose ti fanno dire che la vita vale la pena di essere vissuta ogni maledetto istante.


Rudy Pesenti:

A quando un libro?

Dino: Ho letto 14 contratti ma per me scrivere è complesso e vorrei avere il massimo del guadagno.

Quindi preferirei, nel caso, autopubblicare.

Quando un giorno avrò letto abbastanza e non sarò impegnato a fare altro, valuterò l’idea di scrivere un libro e lo pubblico su Amazon.


Ivana Ferriol:

Hai detto che cercavi te stesso, mi hai fatto venire in mente una frase di De Crescenzo quando parla delle persone. Quelle che si fanno sempre domande e si mettono in dubbio, e quelle che non cercano perché credono di avere già tutte le risposte.

Dino: La risposta che avevo chiesto ai monaci himalayani me l’ha data la bionda che mi ha salvato in Perù dove stavo annegando.

Il giorno finale avremo tutte le risposte, e non ho fretta.


Ivana Ferriol:

Progetti?

Dino: Io ho un’agenzia dove porto la gente in giro in posti dove io ho pianto.

Parto con un'academy con cui rassicuriamo chi vuole viaggiare in ogni parte del mondo dando tutte le informazioni necessarie a 360 gradi.

Tutte le info che io avrei voluto sapere prima di partire e non conoscevo e ho sprecato tanti soldi per comprare materiale pesante che alla fine non mi serviva.

Poi continuo con i viaggi in giro per l’Italia. Vuoi partire? Fallo con la bici. Va bene ovunque.


Per recuperare la live integrale con Dino Lanzaretti a 'C'è vita anche il lunedì':


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