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Intervista a Francesco Lorenzi dei The Sun: trent'anni di carriera e una luce da continuare a condividere

  • Immagine del redattore: Ivana Ferriol
    Ivana Ferriol
  • 28 mag
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 29 mag

I The Sun sono un gruppo rock italiano nato nel 1997: prima di firmare con l'etichetta Sony Music avevano già all'attivo quattro album autoprodotti e distribuiti in Europa, Giappone e Brasile.

Sono stati negli anni supporters di band come The Cure, the Offspring e Deep Purple. Nel 2004 sono stati definiti la “miglior punk rock band italiana nel mondo”.

Nel 2009, in seguito a una svolta spirituale, hanno cambiato il nome da Sun Eats Hours a The Sun e hanno iniziato a comporre in italiano testi più positivi e riflessivi.

Sono diventati una delle formazioni più influenti del Christian rock, arrivando a suonare anche davanti ai papi Benedetto XVI e Francesco. Sono molto attivi nel sociale e di recente è uscito il singolo Coraggio, prima anticipazione di un album che vedrà la luce a fine anno. Ecco di seguito la nostra intervista al frontman  dei The Sun, Francesco Lorenzi.

the sun gruppo

1) Dai Sun Eats Hours ai The Sun: oltre al nome è cambiato il modo di raccontare. Cosa avevate bisogno di far emergere in quel momento? Perché questa nuova vita?

"I Sun Eats Hours nacquero quando avevo 14 anni. A 15 ho capito che la musica, oltre ad una grande passione, sarebbe stata il mio lavoro. All’inizio, l’esigenza primaria era fare musica con un’energia che trasmettesse la grinta che avevamo dentro in modo molto vero. Mi fa un po’ sorridere leggere di seguito la domanda: “perché questa nuova vita?”. La sintesi è un dono e una qualità, ma non sempre si può sintetizzare la vita di fronte a simili domande. Il motivo sta nel volersi incontrare più autenticamente e scoprire che, per farlo, c’è bisogno di una relazione con Dio. Da lì si apre un mondo, e quel mondo è ciò che esploriamo ormai da un bel po’ di tempo."

 

2) Questi miei sbagli sono angeli e carezze di Dio/ Senza passi falsi non sarei mai quello che sono io.


Quanto ci rendono unici i nostri errori? Quanto è difficile perdonare sé stessi ed andare avanti?

Questo è un tema gigantesco, la sintesi qui forse è ancora più complessa. Ci sono due generi di errori e hanno nature differenti. Il primo tipo è ciò che noi associamo ad un errore “tecnico”: sbagliare un tiro nel calcio, una svista mentre si guida, uno scambio di parola mentre parli in un’altra lingua ecc. Errori che, scritti così, possono sembrare cose di poco conto, e spesso lo sono. Ma, se il tiro è il rigore alla finale dei mondiali - come avvenne a Roberto Baggio - se la svista in auto ferisce qualcuno o se la parola sbagliata è pronunciata durante una trattativa di pace tra nazioni belligeranti, ecco che possiamo subito comprendere come sbagli del genere possano causare gravi conseguenze e segnare chi li ha compiuti. Il secondo tipo di errore, talvolta, è meno semplice da individuare, perché si insinua tra le righe della nostra vita, dei nostri pensieri e/o azioni nascoste, e la sua percezione risulta meno immediata. Ma i suoi effetti hanno sempre un impatto sul nostro spirito, talvolta estremamente disgregante. È quello che, in un linguaggio religioso, definiamo “peccato”. Una parola ormai per molti insopportabile; eppure, il suo significato più profondo e vero è “mancare il bersaglio”, mancare l’obiettivo della pienezza di vita a cui tutti, invece, aspiriamo, anche quando non lo sappiamo.

Io ho molto sofferto e dovuto fare parecchio i conti con il secondo genere di errore, pur non mancando di farne numerosi anche del primo tipo. Solo l’amore autentico, sia relazionale che spirituale, mi ha permesso di guarire poi tante ferite e ritrovare la forza di andare avanti con speranza, fiducia e gratitudine. Riusciamo a perdonare noi stessi quando accogliamo il perdono di Dio. Perdoniamo noi stessi quando l’altro, amandoci, ci ridona uno sguardo di stima e comprensione su noi stessi, nonostante le nostre fragilità passate e presenti.

L’errore non ci definisce mai in assoluto come persone: la nostra unicità e il nostro valore inesprimibile prescindono, grazie a Dio, da qualsiasi nostro errore e peccato. Da essi, al massimo, possiamo trarre una serie di istantanee che disegnano una parte della mappa del percorso – talvolta a ostacoli - che abbiamo tracciato. Se guardiamo questa porzione di mappa accompagnati dall’amore di Dio e, se presente, dall’amore di un’altra persona, riusciremo a imparare qualcosa di più su noi stessi e matureremo molto, anche nella consapevolezza e nell’empatia. Se, invece, ci spingiamo a osservare una sola parte della mappa volendolo fare da soli e respingendo l’amore, il rischio di ritenere quella porzione della nostra vita come fosse l’intero è dietro l’angolo: lì si annida la tragedia del senso di colpa senza appello. La Sacra Scrittura ci mette bene in guardia dall’accusatore, che ci accusa giorno e notte. Se ci lasciamo sedurre da colui che, dopo averci spinto a mancare il bersaglio, ci accusa pure dei nostri peccati ed errori per farci disperare, la nostra autodistruzione è assicurata. La parte della mappa che traccia pezzi di percorso di cui non andiamo fieri, va sempre osservata soltanto con l’ausilio di Dio, del suo amore e di chi ne fa le veci. Allora, gli sbagli possono perfino divenire Angeli (messaggeri) e carezze di Dio.

 

3) Dì, conosci uomini che senza aver lottato / Abbiano donato un senso in più a questa Vita? / Conosci sogni degni del nome che gli hai dato / Che non ti siano costati in sangue e occhi al Cielo?


Sembra che la nostra società voglia sempre tutto e subito. Si è un po’ persa la voglia di lottare per quello in cui si crede, pare che tutto sia dovuto. Quanto è importante guadagnarsi invece, un piccolo passo alla volta, il proprio sogno?

Hai citato una delle mie canzoni preferite, “Strada in salita”. Non è soltanto una consapevolezza maturata personalmente; oggi anche molti studi scientifici dimostrano, infatti, che la felicità è racchiusa in questo: impegnarsi e dedicarsi ogni benedetto giorno a qualcosa che corrisponde alla nostra vocazione, e farlo con costanza, con perseveranza, con dedizione, e pure fatica e sacrificio. Questo dona un sapore unico e irripetibile alla nostra esistenza su questa terra.


4) È questo il mio miglior difetto / Io non posso restare qui a guardare / Il nostro mondo bruciare lentamente / Senza fare niente, voglio vivere.


C’è una frase di Robert Swan che dice: “La più grande minaccia per il nostro pianeta è la convinzione che lo salverà qualcun altro”. Non pensi ci sia un po’ questa idea all’interno della nostra società? Come si può invertire questa rotta?

Certo, la nostra società è sempre più traghettata da Caronte verso un porto di calcolata e confondente comodità che annichilisce la spinta al bene, al giusto e al vero. Qualcosa mi ha sempre salvato da quello stato dell’essere, ma anche io l’ho in un qualche modo conosciuto e accarezzato. Invertire questa rotta? Nel mio piccolo, posso solo testimoniare la mia esperienza. Ad un certo punto del mio cammino, mi sono reso conto che la confusione assume caratteri disumanizzanti e pericolosissimi quando la creatura si allontana dal creatore, ritenendo di avere tutte le facoltà per interpretare e dirigere la propria vita. Ora la relazione quotidiana con il Signore è diventata la mia bussola. La Parola, la preghiera, l'Eucarestia, l'Adorazione, il rosario, la meditazione, l'ascolto dei fratelli e l'incontro personale, la contemplazione, il rapporto con la natura, sono il “mix” necessario che mi permette di discernere, di essere felice e vero. 


5) Voi portate messaggi positivi e spirituali all’interno delle vostre canzoni, ed è il vostro modo di generare bellezza. La musica di oggi, la Trap, che parla molto di violenza, che tipo di apporto sta dando al nostro mondo? 

Semplicemente, come dimostrano alcuni studi, quando ascoltiamo una canzone di cui comprendiamo le parole per cento o più volte, ne acquisiamo i concetti come fossero pensieri nostri. Senza accorgercene quelle parole ci entrano dentro e danno una forma al nostro mondo interiore, che poi diviene quello esteriore. Grazie ad alcune canzoni possiamo quindi formarci un pensiero luminoso, fiducioso, coraggioso, rispettoso, con altre… l’esatto contrario! Prendi la top 100 dei brani rap e trap più ascoltati, controlla i milioni di volte che sono state ascoltate: ecco una fotografia di una parte del pensiero che riecheggia già adesso nel cuore di molti che sono convinti sia “solo” musica.

 

6) Vi piace la vostra dimensione o con le qualità artistiche e musicali che avete, vorreste crescere ancora e guadagnare sempre più pubblico?

Crescere attraverso un processo virtuoso è qualcosa di positivo. Un passo alla volta: così è sempre stata la nostra esperienza. Detto ciò, ci piace la nostra dimensione; anzi, la amiamo. Tuttavia, se la Provvidenza ci chiamasse ad una maggiore esposizione, la sosterremmo con quella consapevolezza che da adulti – e con quasi 30 anni di carriera – si può avere.

 

7) La vostra canzone a cui siete più legati

Ho scritto troppe canzoni e ognuno di noi nella band è molto diverso dall’altro: non si può citarne una sola. Certamente l’ultimo singolo, Coraggio, ha dentro dei pezzi di vita nei quali molti di noi si ritrovano.


8) Com'è cambiata l’industria musicale dagli anni 90 a oggi? Internet come ha influito sulla produzione, sulla qualità?

Internet ha influito su tutto, quindi anche sulla musica. Ci sono alcuni “pro”, ma forse i “contro” sono maggiori. Com’era la vita negli anni 90? Com’è oggi? Non è così diverso il cambiamento che c’è stato nell’industria musicale.

 

9) La nostra società sta prendendo un nuovo ritmo ed è quello della velocità del web dove tutto deve fluire velocemente e anche le canzoni sembrano estremamente temporanee. Sembra si dia più attenzione al personaggio che alla qualità di quello che canta.  È così anche nella società? Stiamo diventando una generazione attenta a ciò che appare, attenta a chi ha più like senza andare oltre a vedere quello che c’è dietro il monitor delle apparenze?

Sì, il rischio che corriamo tutti è di dare sempre più importanza a ciò che appare, più che alla sostanza. Bisogna vigilare molto su noi stessi, sul nostro cuore, sui nostri pensieri e avere la capacità anche di portare ordine nelle nostre abitudini, a partire dalla nostra relazione proprio con il mondo digitale. In questo processo di discernimento e mantenimento di un ordine interiore, personalmente, la preghiera quotidiana e la Parola di Dio hanno un ruolo fondamentale.

 


10) Cosa ci aspetta nel futuro e nel nostro piccolo, come possiamo cambiare rotta?

Nel futuro inteso in senso definitivo il nostro orizzonte è l’eternità. Il buon Dio si batterà per la salvezza della nostra anima, ci volessero anche secoli e millenni. Possiamo cambiare rotta cominciando a dare al buon Dio la guida della nostra vita. Si parte da questo, ogni benedetto giorno, qualsiasi sia la nostra storia

 

11) Progetti futuri?

Quelli che vorrà il Signore e che noi saremo disposti ad accogliere. Speriamo ci continui a dare un cuore aperto per fare musica sempre più luminosa e “buona” secondo ciò che Lui sa essere più necessario al “pezzo” di umanità che incontriamo.


Se vuoi altre informazioni, scrivimi a info@ilrespirodellestelle.com

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