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Immagine del redattoreIvana Ferriol

Parthenope - Nelle profondità dell'ultimo film del regista Paolo Sorrentino

Parthenope è l’ultimo film di Sorrentino, attraverso il quale il regista trova il coraggio, che non ha avuto da ragazzo, di fare un viaggio “da fermo” epico e nostalgico, guidato dalla passione, attraverso la città di Napoli. Qui troverà un presepe di maschere unite solo dalla costante dello scorrere del tempo.

Un viaggio che avviene, per dirla con la filosofia di De Crescenzo, in lunghezza ma anche in larghezza.

Napoli è una città libera, non giudicante, non esprime giudizi morali, nel bene e nel male, non c’è un’etica ben definita e questo ti dà la possibilità di crescere libero.

E, allo stesso modo, ti invito a guardare il film con la mente libera da categorie preconfezionate, lasciandoti prendere dalla musica, dalle sensazioni che arrivano forti e improvvise.

parthenope sorrentino

Parthenope

Mi sono sempre chiesta se ci abituiamo alla bellezza, se chi vive davanti al mare, quel mare che per Parthenope non è solo acqua salata ma qualcosa di più, qualcosa di inspiegabile legato al mistero che avvolge la città, ad un certo punto inizi a vederla solo come una distesa blu di acqua e sale.

Come Venere nasce dalle acque di Zante, anche la protagonista del film (interpretata da Celeste Dalla Porta prima e da Stefania Sandrelli poi) viene partorita nelle acque di Posillipo e battezzata dall’ex sindaco e armatore di Napoli, Achille Lauro, con il nome di Parthenope, proprio come l’amata sirena dei napoletani.

Avviene un antropomorfismo tra Parthenope e Napoli, sono la stessa cosa. Come la città, è misteriosa e incantatrice. Parthenope dice di non sapere niente ma è curiosa di tutto e da Posillipo non fa che ammirare la sua città avvolta dal mare, quel mare da cui è nata e che le appartiene.

La sua bellezza stravolge e quando passa, rompe equilibri, incanta tutti come una sirena, sempre persa con lo sguardo davanti a sé, come se stesse pensando a tutto il resto...

Tutti sono curiosi di sapere a cosa pensa, ma forse è la domanda a essere sbagliata.

Nel film spesso ci si interroga sull’importanza di fare le domande giuste e la sua vita sarà una ricerca per sapere e vedere davvero.


“Sono troppo giovane per comprendere tutte le sfumature”


Questo film ricorda che l’adolescenza ci dà l’illusione della spensieratezza, prima che il dolore ci spenga, passando all’età adulta.

nuovo film sorrentino

Parthenope, Raimondo & Sadrino

Parthenope, Raimondo e Santino sono un trio perfetto. La scena mentre ballano uniti rimane una delle più belle del film.

 Raimondo, il fratello di Parthenope, soffia sulle persone per farle sorridere. Prova un amore metafisico per lei. Raimondo sa, sa vedere il mondo e questo lo rende fragile. Sandrino, da sempre innamorato di Parthenope, l’accuserà di dire sempre frasi a effetto piuttosto che la verità. In effetti, Parthenope preferisce risultare memorabile che veritiera, proprio come la napoletanità, sempre teatrale.   


Insieme, trascorrono un’estate a Capri, quel posto dove

"i napoletani non vanno o perché sono pigri o perché troppo poveri”


A Capri Parthenope incontra il suo scrittore prediletto, John Cheever, ubriaco e malinconico, interpretato da Gary Oldman. Uno scrittore amato da Sorrentino perché si tuffa nella spensieratezza e nella vertigine della meraviglia. Tuttavia, vive nelle costrizioni morali per cui non si sente libero di vivere la sua omosessualità.

In Raimondo si cela il male di vivere. Lui e Cheever sono speculari. Entrambi vedono la vita, entrambi “sanno” e sono consapevoli della loro impossibilità di esprimere i propri sentimenti.

La fase più bella della vita, l’adolescenza dura sempre troppo poco, poi un dolore un evento, ci fa diventare adulti e iniziamo a osservare il mondo con occhi diversi.

Inizia l’età adulta, quella in cui smettiamo di vedere e di sentire, tendiamo a spegnerci e non cogliere più la bellezza e la meraviglia che ci circonda.

gary oldman parthenope

La morte

"non si può essere felici nel posto più bello del mondo”


Napoli, città inseparabile dalla morte dove i fantasmi convivono con i vivi. È il 1968 è in una scena si incontrano per strada simbolicamente la morte e il colera che segnano la città in modo profondo.

Quando la vita ci ricorda che siamo mortali, che le persone intorno a noi le possiamo perdere, si segna la fine dell’adolescenza e l’inizio del sentirsi adulti.

A quel punto, Parthenope entra nella città, scoprendo tutte le sfumature di Napoli, anche quelle negative che fino a un momento prima non aveva mai considerato. La Napoli criminale, l’arte sfigurata, artisti che la disconoscono, la povertà ma anche la passione, su uno sfondo del tempo che scorre mentre noi viviamo questo viaggio insieme a lei.


Napoli, è cultura antica

“Io non so niente ma mi piace tutto”

È il 1968 e i genitori di Parthenope, sopraffatti dal lutto, trascurano la loro casa che cade in degrado, ricordando un po’ la villa nell’Isola di Arturo.

Parthenope, metaforicamente orfana dei suoi genitori, si avvicina ancora di più alla cultura. Il professor Marotta (interpretato da un brillante Silvio Orlando) è simbolo della cultura antica che caratterizza Napoli. Ricordo che la stessa Università Federico II, la più antica d’Europa. Una sirena che ammalia non può che essere affascinata dall’antropologia, dalla conoscenza dell’uomo.

L’antropologia napoletana, in particolare, è la culla dell’eterna vacanza, un insieme di eccesso e decadenza, rituali di sacro e profano che si mescolano creando un equilibrio difficile da spiegare, in cui bisogna immergersi per provare a capire. Proprio come fa il professor Marotta con Parthenope, che riconosce in lei la sua stessa sensibilità. Il figlio del professore ha lasciato più persone con tante domande: un essere quasi alieno, fatto di acqua e sale, una creatura del mare, proprio come Parthenope. Figlio adulto della cultura di Napoli, un’anima fanciullina, un tutt’uno con il mare che resta spensierato eppure deforme.

Una sintesi poetica e artistica del regista per esprimere le sue sensazioni legate alla città.

La stessa Parthenope ne resterà affascinata. Imparerà col tempo a porsi le domande giuste per ottenere le risposte che cerca da sempre.


L’arte, il cinema, la bellezza

Parthenope vuole recitare e incontra Flora Malva, interpretata da Isabella Ferrari. Con il volto nascosto perché sfigurato, forse proprio come la produzione artistica, che non ha più un volto.

L’arte ricerca nostalgicamente artisti appartenenti al passato, ormai morti ma questo porta a cenare intorno a una tavola sempre vuota. Parthenope incontrerà anche l’attrice Greta Cool (Luisa Ranieri) che ricorda decisamente Sofia Loren, la quale sfoga il suo disprezzo per la città e consiglia a Parthenope di abbandonare la fantasia della recitazione, perché ha gli occhi spenti e la telecamera non lo perdona.

celeste dalla porta parthenope

La criminalità

Napoli ahimè ha anche un’altra faccia: la camorra, figlia proprio dell’anarchia di questa città che se, da un lato, non giudica e fa crescere liberi, può anche avere questi risvolti negativi, generando corruzione e sfruttamento. Sorrentino qui ha osato, a mio avviso, girando scene che disturbano, ma credo sia voluto. Le sensazioni che percepiamo a guardare queste scene, sono le stesse che tutti dovremmo provare nel restare a guardare la camorra che violenta la nostra città.

In questo contesto, Parthenope continua a vedere i suoi genitori che si sono lasciati andare. Suo padre le dice che solo un nipote potrebbe tirarla su di morale. Ma la maternità la inseguirà per molto tempo, senza mai raggiungerla.

Resterà incinta di un boss, ma deciderà di abortire il figlio della camorra e ritornare sulla strada universitaria. Vince la cultura.


Sacro e profano

Napoli è un multistrato di templi pagani, chiese e cattedrali. Nelle sue strade il tempo non scorre in maniera lineare, le differenti culture che l’hanno interessata si mescolano e sembrano convivere in un equilibrio senza tempo, inspiegabile. Sacro e profano si fondono in rituali che coesistono e resistono da secoli sopravvivendo alla forza livellante della modernità. Il vescovo Tesorone impersonifica tutto ciò: una figura eccentrica che Parthenope incontrerà per scrivere un articolo sul miracolo di San Gennaro:

“miracolo o truffa?”

 Il cardinale è figura bizzarra, un seduttore che affascina Napoli e anche Parthenope. E Sorrentino esprime in una scena il clima dissacrante che viene stabilito nei confronti della religione. Qui, Parthenope proverà ad aprire una porta, invano.


"sono porte finte, nel cattolicesimo, la libertà non passa per le porte"

"E per dove passa?"

"Non passa"


Questo fa riflettere, così come una frase detta in un altro punto del film:


“La bellezza è una guerra, spalanca le porte”

vescovo tesorone

Conclusioni

Possiamo restarne colpiti per la bellezza o infastiditi, ma questo film è per i napoletani che restano lontani, amanti della città che vive solo nel ricordo affettuoso o pieno di rancore.

Sorrentino come sempre sorprende: i suoi film sono ricchi di metafore e significati che corrono insieme. ha osato, è stato coraggioso e credo sia uno dei suoi film che ho più amato insieme a This must be the Place.


Che riflessione mi lascia questo film?

Durante l’adolescenza guardiamo tutto con gli occhi della meraviglia, vogliamo provare tutto, siamo curiosi del mondo. Poi arriva l’età adulta, con la morte o un forte dolore, la vita ci sbatte in faccia la realtà, la stessa che fino al giorno prima ci sembrava bellissima. A quel punto, ci sembra di guardare gli aspetti negativi che prima non notavamo. E questo spegne il nostro sguardo. Ma stiamo davvero guardando? Sappiamo davvero? Direi di no. Come dice il Vescovo Tesorone (che a me ricorda il cardinal Sepe)


“alla fine della vita non resta che l’ironia”


Parthenope adulta interpretata da una sognante Stefania Sandrelli, professoressa di antropologia in pensione, riesce a far pace con la città. Ritorna a Capri, attraversa i luoghi che ha amato ma anche odiato e dopo anni, riesce a sorridere con ironia su tutto.

In fondo, l’antropologia è vedere ma è difficile vedere quando ti manca "tutto il resto" ma ora tutto il resto è lì, davanti a lei.


“Certo che è enorme la vita. Ti ci perdi dappertutto”

locandina parthenope

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