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Hai conosciuto la gioia? - di Ivana Ferriol -

Immagine del redattore: Ivana FerriolIvana Ferriol

Aggiornamento: 18 dic 2024

Che cos’è la felicità? Viviamo davvero?

E perché non riusciamo più a stupirci o ad entusiasmarci di niente?


Le religioni per millenni sono state un potente ammortizzatore sociale, capace di donare in qualche modo tranquillità agli uomini, promettendo loro una vita dopo la morte.

Oggi sempre meno persone credono nell’Aldilà e questo crea un vuoto collettivo che si cerca di colmare con una disperata ricerca di senso a una vita in countdown dal momento che veniamo al mondo. Gli esseri umani riescono a dimenticarsi di questo “conto alla rovescia”, creandosi routine, azioni ripetitive, capaci di eliminare l’angoscia legata all’essere mortali. Ma nella routine, nelle comfort zone, si vive davvero? O viviamo a bassa risoluzione, accontentandoci di una “Gioia” che prima o poi arriverà.



L’errore forse è proprio qui, per millenni ci siamo chiesti se si può vivere dopo la morte, senza pensare se si vive davvero prima di morire.


Vivere, essere felici… Ma che cos’è la felicità?

Seneca ci diceva che dovevamo cercarla solo dentro di noi, perché siamo l’unica essenza stabile della nostra vita. Facile così no? Ci chiudiamo al mondo, per paura di soffrire, affidandoci solo a noi stessi.

Ma forse solo chi rischia, chi si fida, chi ama, chi dona con il rischio di cadere, riesce ad assaporare veramente il senso della vita. Siamo abituati a vedere la felicità come una vetta da scalare, ma non siamo alpinisti.

Cerchiamo invano quel brivido forte che ci scuote da tutto, ma gli ormoni non possono sempre stare a loop come se fossimo sotto effetto di sostanze stupefacenti. Forse l’errore è continuare a concentrarci solo su noi stessi, come se la felicità fosse qualcosa da non condividere, qualcosa da avere a tutti i costi, per cui vale la pena lasciare gli altri indietro.

E allora pensiamo ad un altro esercizio da fare: viviamo senza guardarci allo specchio per un po’. Servirà a non incentrare le attenzioni su di noi ma a imparare anche a rivolgere lo sguardo a chi abbiamo davanti che troppo spesso dimentichiamo.


Qualcuno mi ha detto che invece di mirare a essere felici, dovremmo imparare anche ad accontentarci. Non sappiamo più farlo: circondarci di poche cose e abituarci a quello che è davvero essenziale nella vita. Ma attenzione a non abituarsi alle tragedie, quelle no!

Perché hai presente quando guardi per la prima volta un film con scene violente?

Inizialmente, stringi gli occhi, fai fatica a guardare ma ti sforzi. Poi piano piano quasi ti rilassi e quella scena non ti dà più fastidio.

Sai cosa è accaduto? Il tuo cervello ha normalizzato la vista della violenza.

Lo facciamo ogni giorno: ci abituiamo alle cattive notizie, all’idea di vivere in un mondo sbagliato. Perché le tragedie fanno più notizia e offuscano ciò che di bello c’è intorno.

Eh sì, ci abituiamo anche alla violenza. È facile farlo. Quello che è davvero difficile è tornare indietro e riportare nei nostri occhi quella che io chiamo Le Lentine della Meraviglia.



Mi riferisco a quella magia che solo i bambini hanno negli occhi, quella felicità esplosa da un Principio senza passato. Quella magia che permette di stupirsi sempre anche con niente, perché i bambini non danno nulla per scontato: sanno sorridere anche in una stanza vuota ma non solo perché usano la fantasia e l’immaginazione. Vi starete chiedendo che cos’è la Meraviglia?


Nulla che non esista: è solo la realtà vista dagli occhi di un bambino.


Ma poi cosa accade quando diventiamo grandi?

Ci interfacciamo con il dolore con le delusioni con le aspettative, con il male gratuito e i fallimenti. E così quella magia si consuma e iniziamo a mettere a fuoco solo le cose che non vanno. Normalizziamo così tanto il dolore che, anche se passasse la felicità davanti a noi, non saremmo in grado di riconoscerla.

Si ho detto che non è facile ma bisogna allenarsi.

Fai così: resta in silenzio, cammina, respira, concentrati sui profumi, pensa a qualcosa di bello, un ricordo d’infanzia che ti faceva sorridere, immagina di volare verso la Luna e di guardare la Terra. Da quella prospettiva, tutte le cose che ti sembravano grandi, le vedrai piccole piccole.

Adesso, pensa alla tua vita come acqua che scorre libera. Pensa, invece alla paura come una diga che improvvisamente s’innalza davanti, cosa succede?

Sei lì senza la possibilità di proseguire.

Adesso immagina di eliminare quella paura. Vedrai l’acqua fluire nella direzione più naturale.

Se sei riuscito a immaginarlo, vuol dire che puoi anche farlo davvero. In fondo, tutte le grandi cose sono nate da un’idea, da un’immagine mentale. Ecco perché la meraviglia è qualcosa che dobbiamo essere noi in grado di scovare, mentre la felicità è una conseguenza.


Oggi riflettevo sulla parola felice, dal latino felix significa produttivo, produrre frutti. Se ci pensate è meraviglioso: siamo felici se diamo frutti, se lasciamo un segno, qualcosa di bello al di fuori di noi stessi per cui possiamo dire che la nostra vita abbia avuto un senso.

Prima che il nostro countdown finisca, prima che sia troppo tardi, chiediamoci

“Hai conosciuto la gioia nella tua vita?”

“La tua vita ha portato gioia agli altri?”

Se la risposta è no, ricorda che non è mai troppo tardi per rimediare.


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Su di me

Scrittore, viaggiatore, sognatore. 

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