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Volevamo essere libere. Ma libere anche di amare - di Maria Felicia Liberti

Immagine del redattore: Rudy PesentiRudy Pesenti

Aggiornamento: 18 dic 2024

Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla.


unite contro la violenza sulla donna

Mi soffermo a pensare quanto la parola "violenza" veicoli ripetutamente sui binari dei media da un decennio a questa parte. Non che non ve ne fosse nei decenni passati di violenza di genere, ma se ne parlava con toni meno usuali e il fatto lasciava sgomenti.

 



Mi soffermo a pensare quanto, oggi, ci siamo abituati ai titoli in grassetto che gettano in pasto all'anima l'ennesima vittima di una società sul lastrico in materia di rispetto della donna. Eppure, siamo figlie delle lotte femministe. Non di quelle recenti e nemmeno di quelle degli anni '70.

 

Siamo eredi di Mary Wollstonecraft che già nel secolo XVIII secolo protestò in difesa dell'indipendenza della donna contro le convenzioni sociali dell'epoca.

Cresciuta in un ambiente per nulla sereno, con un padre alcolista che picchiava sua madre, Mary si ribellò all'età di  diciannove anni all’autoritarismo paterno, iniziando a scrivere e riversando nei suoi libri la consapevolezza delle ingiustizie subite dalle donne, sottomesse alla violenza psicologica e fisica per mancanza di istruzione.

L'istruzione era l'unico strumento, secondo la Wollstonecraft, per conquistare l'indipendenza ed ebbe il coraggio di criticare il sistema educativo dell’epoca che "addomesticava" la donna alla docilità e alla sottomissione, sostenendo, invece, che le bambine fossero educate al "pensiero" in modo che potessero diventare delle creature razionali e delle cittadine libere.

Mary Wollstonecraft

Sono passati secoli. Siamo sempre punto e a capo. Un bagaglio di esperienze, di lotte, di denunce. Eppure, le nostre parole sono risacca che si scontra con il dolore sempre in agguato.

Cosa è andato storto nel percorso evolutivo che  fotografa oggi anime sconquassate in noi?

 

Non è bastato l' istruzione, né la presa di coscienza della nostra dignità.

 

Siamo donne indipendenti, senza dubbio. Ma lo siamo fino in fondo?

Oppure esiste nel nostro DNA quella dolcezza "materna" che sempre ci autorizza a "crocerossine" ?

 

Volevamo essere libere. Ma libere anche di amare!

Il nostro non voleva essere amor proprio, ma amore con pari dignità, pari diritti e pari "umanità".  E, invece, siamo condannate.

 

Ebbene, cari signori, penso che sia giunto il momento di porre un freno alla vostra fragile autostima e invertire il cammino.

Penso che sia sfiorita la vostra ultima canzone triste e sopraggiunta la necessità di farvi qualche domanda.

No. Non dovete dare a noi la risposta!

Siete voi a guidare il vostro corpo e il vostro spirito fuori strada, avvolti nel fumo dei vostri pensieri.

Siete voi che state rischiando di "perdere" la bussola della vostra esistenza!

Siete voi che avete la necessità di abbattere quel muro di odio contro i vostri demoni interiori e affrontare le vostre "carceri interiori".

 

Non a noi dovete delle risposte ma al vostro specchio d'anima, lastricato di sangue, di colpe, di lame, di morte.

È in voi la morte!

 

Risorgete dalle "vostre" ceneri.

Fatelo! Prima che sia troppo tardi!

 

Noi siamo unite ora più che mai in nome del nostro SACRO diritto di ESISTERE!

 

 Maria Felicia Liberti

#unite#rompiamoilsilenzio


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Spero che un giorno tu abbia il coraggio di scappare da ogni cosa che ti rende infelice


 

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Scrittore, viaggiatore, sognatore. 

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