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Facciamo finta di essere bisestili? - di G.

Immagine del redattore: Rudy PesentiRudy Pesenti

Il pensiero del mese di febbraio, a cura di G.

disegni a mano
La copertina è gentilmente offerta da Bud Maru

Febbraio mi è sempre piaciuto, bistrattato ed accorciato rimane un po' sulle sue, è il mese che alla fine ci ha smenato di più per far contento il buon Cesare nel fare un po' d’ordine nei conteggi dell’impero. Se non erro dobbiamo a lui il dono del buon vecchio ed affidabilissimo calendario gregoriano di 12 mesi e 365(o6) giorni.

La Panda 4x4 dei calendari, potrà anche non essere dei più eleganti ma ci ha portato fino a qui.


Probabilmente Febbraio voleva solo una boccata d’aria quando il casino è successo e quando è tornato a lui di giorni ne erano stati levati tre e gli era stata appioppata pure la festa degli innamorati.



Mi piace pensare tuttavia che Febbraio non abbia deposto le armi facilmente sulla questione, tentando di sgomitare ai lati per riprendersi un po’ del suo tempo, ma si sa, di accorciare Gennaio, il primo mese dell'anno, non se ne parlava proprio, Marzo c’ha l'equinozio di primavera con le rondini, le fioriture e tutto il companatico, un mese un po' spocchioso a dirla tutta, non me ne vogliano i pesci che ci leggono.


Una vita di privazioni solo per aver voluto prendere un po' d’aria, pare.


Dobbiamo comunque pensare che Febbraio sebbene schiacciato da tante incombenze intorno, un pezzettino se l’ è pur ripreso indietro, quel giorno ogni quattro anni è un giorno di rivalsa che non c’è, il giorno ripreso a dimostrare chi avremmo voluto o potuto essere, un giorno dove è permesso essere quello che si vuole o perché no, per una volta, se stessi.


E da qui, tralasciando ulteriore sproloqui calendariali, vorrei porre la domanda, se poteste essere quello che volete per un giorno, chi vorreste essere? Chi sarete il prossimo 29 Febbraio?


Nella nostra società sembra possibile essere chi vogliamo, o pensiamo di volere, ai nostri giorni la libertà d’espressione e di scelta sono concetti comuni che si possono ritrovare spesso nei contenuti di vita che ci passano sotto mano, seppur non sempre in modo manifesto, sono lì ad urlare a gran voce di quanta libertà puoi godere nella nostra evolutissima società civile. Gigantografie di montagne appiccicate sui palazzi e le mura delle città.


Ma la verità è che sembra sempre più difficile, in questo mare di possibilità, identificare chi siamo prima di chi vorremmo essere e prima ancora di chi dovremmo essere, overstimolati da tanti input ci aggiriamo in queste acque che sembrano poter portare ovunque, ma gli appigli sono pochi e le correnti, in molti casi, piuttosto forti, e per lo più ci agitiamo e ci sforziamo con il solo obbiettivo di cercare di rimanere a galla, trascinati o semplicemente immobili.


Del resto nasciamo in un contesto che tende a direzionarci dal primo minuto su quello che sembra essere un immenso tabellone a punti, con imprevisti e probabilità (temo qui che il parallelismo con un noto gioco da tavolo sia inevitabile). E da lì poi puoi iniziare tutto il resto, i giocattoli, i cartoni animati, l’asilo e poi la scuola a modellare gli argini di quella che sarà la tua casella nel mondo, se sei fortunato ti toccherà Parco della Vittoria, ma diciamoci la verità perlopiù ci aggiriamo tra Vicolo corto e Viale Vesuvio.


Sii ciò che vuoi diventare, quando più spesso la frase andrebbe rimescolata, per citare Nietzsche (che ci sta sempre) in “diventa ciò che sei”. E qui la proprietà commutativa non vale, cambiando l'ordine degli addendi il risultato cambia eccome.


Finito l'iter introduttivo dell’infanzia, esplicate avvertenze e condizioni d'uso, i primi brufoli cresciuti in sordina sanciscono il rito di passaggio verso quello che dovrebbe essere il prologo dell’età adulta. I giocattoli diventano più complessi, il parco giochi si allarga esponenzialmente, quei soliti nomi noti dei titoli di testa iniziano a diventare un po' meno noti, fugaci attimi di leggiadra inconsapevolezza, ed un mattino ti alzi e sei una persona, che dovrebbe essere fatta e finita, e forse lo è per un istante, ma sarà il trascorrere della vita a chiederti dei pezzettini ogni giorno, economia di base amici miei, paghi quello che consumi, puoi ancora essere quello che vuoi, ma costerà.


Inizia poi la grande giostra dell'età adulta, nelle giostre si trova intrinseca la volontà di simulare un emozione che normalmente non hai il coraggio o il modo di provare, un po' come la versione beta del mondo. Proviamo.


E sul Taboga della vita, tutto quello che abbiamo è una pezzetta logora ed usurata di nozioni teoriche, luoghi comuni, usi consuetudini e consapevolezze annacquate da decenni di sentito dire, su cui sederci, poi inizia la discesa, e tutto quello che puoi fare è arrivare in fondo sperando che ci sia qualcosa su cui atterrare e se dovessi fartela sotto nella discesa sappi che provare a fermarsi non sarebbe affatto sicuro ne tantomeno consigliato.



Ma poi, vorremmo veramente fermarci? senza correnti a sospingerci, sapremmo davvero dove andare?

È una domanda che mi pongo a cui di rado so dare risposta, poi esce la nuova stagione di qualche serie e sono già altrove, immersa in un mondo non mio e proprio per questo più facile da guardare, ricordiamoci che la nostra soglia di attenzione media è 40 secondi ed i miei account di streaming possono dimostrarlo inconfutabilmente.


Tornando in tema, se mai vi sia, cosa faremmo se liberi da schemi, correnti, scivoli e caselle varie dovessimo trovare la nostra direzione? Cosa succederebbe se liberi dalle etichette che ci sono state date o che ci diamo, dovessimo incamminarci verso quello che vogliamo davvero fare ed essere? Che poi le etichette sono un po' come il petrolio nel sopracitato mare, una volta che ti si appiccicano addosso il movimento è limitato e inutile dire quanto complesso sia liberarsene.


Storicamente molti hanno cercato di spiegare la libertà di pensiero per renderla fruibile a tutti, spesso intessendo intricati labirinti, spesso perdendocisi dentro, ma immagino che questa sia una di quelle rare cose a cui bisogna necessariamente arrivare da soli, uno sport individuale, del resto, non si può spiegare il vento in una foto.


E forse, in conclusione, non dovremmo avere paura delle etichette, degli schemi delle direzioni, ma solo adattarle, plasmarle su di noi a funzione di ornamento piuttosto che imposizione, utilizzandole anziché subirle, un po' come i tatuaggi che da marchi sono passati ad espressione di individualità.


E magari ne saremmo già grado ma abbiamo paura di farlo perché forse la cosa che ci fa più paura siamo noi stessi, però per quanto difficile possa essere, penso che varrebbe la pena provarci, almeno una volta ogni quattro anni.


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Alpi bresciane

Su di me

Scrittore, viaggiatore, sognatore. 

Entra nel mio mondo, ascolta con me il respiro delle stelle, e scopri perché credo nel fatto che in fondo, in ogni istante, è tutto perfetto.

 

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