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Canzoni censurate in Italia: un viaggio tra musica, scandali e libertà d’espressione 🚫🎶

La storia della musica italiana è ricca di melodie indimenticabili… ma anche di divieti, accuse di scandalo e censure più o meno giustificate. Dalle canzoni politicamente scomode a quelle considerate troppo audaci nei temi dell’amore, della religione o della libertà personale, molti brani sono entrati nel mirino di radio, televisione e istituzioni. Alcuni sono stati modificati, altri proibiti, altri ancora sono diventati famosi proprio grazie al dibattito che hanno generato. In questo articolo voglio portarti in un viaggio amichevole e curioso tra le canzoni censurate in Italia che, nel corso dei decenni, hanno fatto tremare i palinsesti. Perché la musica, si sa, non è mai solo musica: è una voce che non sempre si riesce a zittire.


canzoni censurate italiane

LA PANSÈ - RENATO CAROSONE (1954)

Che bella pansé che tieni, che bella pansé che hai, me la dai?


Carosone porta nella musica italiana la sua ironia e il suo stile swing giocoso con questo brano fresco e divertente. “La pansè” gioca con parole e situazioni quotidiane, mantenendo l’inconfondibile leggerezza napoletana. Il ritmo coinvolgente invoglia all’ascolto e al sorriso. Come sempre, Carosone unisce musica e umorismo con eleganza. Un pezzo perfetto per chi ama la tradizione partenopea più vivace.


Nel 1955 il brano La pansé di Pisano e Cioffi finisce nel mirino della censura per i suoi toni ritenuti troppo maliziosi. Radio e nuovissima televisione decidono di escluderlo completamente dai palinsesti. Nonostante ciò, la canzone continua a circolare grazie ai dischi, ai jukebox e ai locali dove si suona dal vivo, attirando di tanto in tanto controlli improvvisi delle autorità. Per evitare guai, molte sale da ballo espongono un avviso ben chiaro: “In questo locale non si eseguono brani come La pansé o altre trivialità simili”.

VECCHIO FRAK - DOMENICO MODUGNO (1955)

Ad un attimo d’amore, che mai più ritornerà


Modugno veste questo brano di eleganza teatrale, raccontando la figura misteriosa di un uomo solitario in abito da cerimonia. Il testo è una poesia in movimento, malinconica e raffinata. La sua interpretazione intensa dona al brano un’atmosfera sospesa, quasi cinematografica. “Vecchio frack” mostra il lato più poetico di Modugno, lontano dalle sue hit più solari. Un gioiello della nostra tradizione musicale. Tuttavia la canzone porta Modugno a scontrarsi per la prima volta con la censura. Il verso “Ad un attimo d’amore, che mai più ritornerà” viene giudicato inaccettabile e sostituito con “Ad un abito da sposa, primo ed ultimo suo amor”, perché non era ammesso evocare un "attimo d’amore" in un brano destinato al grande pubblico. Solo anni dopo, nelle nuove registrazioni, Modugno potrà ripristinare il testo originario senza più restrizioni.

TU VUÒ FA L'AMERICANO - RENATO CAROSONE (1956)

Ma i soldi pe’ Camel chi te li dà?


“Tu vuo’ fa’ l’americano” è uno dei brani più celebri di Renato Carosone, una satira brillante sull’italiano che cerca di imitare lo stile di vita statunitense del dopoguerra. Con ritmo travolgente e ironia tagliente, Carosone racconta il contrasto tra aspirazioni moderne e identità autentica. Il protagonista vuole bere whisky and soda, ballare il rock e vestire all’americana, ma resta comunque legato alla famiglia e alle tradizioni. È una canzone che descrive con leggerezza un periodo di forte cambiamento culturale. La musicalità swing e il dialetto napoletano creano un mix unico e irresistibile. Ancora oggi rimane un simbolo della capacità italiana di prendere in giro se stessa con stile.

ll musicista napoletano poté andare in tv nel 1957 solo dopo aver sostituito il verso incriminato “ma i soldi pe’ Camel chi te li dà?” con “ma i soldi pe’ campà, chi te li dà?”.

E RESTA CU' MME - DOMENICO MODUGNO (1957)

Nun me 'mporta d'o passato, nun me 'mporta 'e chi t'avuto...


Un canto d’amore appassionato, dove Modugno chiede alla persona amata di rimanere accanto a lui nonostante tutto. La melodia è intensa e il testo, in dialetto napoletano, aumenta la forza emotiva del brano. Modugno riesce a trasformare ogni parola in sentimento puro. È una dichiarazione che arriva dritta al cuore, con una sincerità rara. Un classico delle serenate italiane. Nel 1957 la canzone  è censurata dalla RAI per il verso "Nun me 'mporta d'o passato, nun me 'mporta 'e chi t'avuto..." in contrasto con il mondo cattolico che attribuiva grande valore e importanza alla verginità della donna.

ADDIO A LUGANO - ENZO JANNACCI, GIORGIO GABER, PROFAZIO, PISU E TOFFOLO (1964)

Elvezia il tuo governo schiavo d'altrui si rende d'un popolo gagliardo le tradizioni offende e insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell


Jannacci porta la sua vena teatrale e sarcastica in questo brano di ispirazione anarchica, carico di energia e storia. La canzone racconta l’esilio politico con ironia ma anche con forte coscienza sociale. La voce dell’artista amplifica il carattere ribelle del testo. È un pezzo che profuma di lotte, di ideali e di libertà. Perfetto per chi ama la musica impegnata senza perdere leggerezza. Nel 1964 la canzone  è bandita dalla TV italiana (molto seguita nel Canton Ticino), per evitare proteste dalle autorità svizzere.


BRENNERO '66 - POOH (1966)

T'hanno ammazzato quasi per gioco


Una canzone intensa e drammatica, ispirata a un episodio di cronaca legato alla lotta per l’indipendenza sudtirolese. Ci fu infatti un attentato terroristico nel 1966 in Alto Adige. I Pooh trattano il tema con grande sensibilità e rispetto. Il brano è costruito come un racconto, sospeso tra paura e tensione. La melodia accompagna perfettamente l’atmosfera emotiva del testo. Una pagina musicale importante e spesso poco conosciuta.


Nel 1966 i Pooh partecipano al Festival delle rose con il brano Brennero '66, La commissione impone una modifica nel testo (è eliminata la frase T'hanno ammazzato quasi per gioco) e nel titolo, che da Brennero '66 è mutato in Le campane del silenzio.

C'ERA UN RAGAZZO CHE COME ME - GIANNI MORANDI (1966)

Mi han detto vai nel Vietnam e spara ai Vietcong


Pietra miliare della canzone italiana. Nel 1966 il verso “Mi han detto vai nel Vietnam e spara ai Vietcong” provocò un’interrogazione parlamentare. L’accusa era una dichiarata critica alla politica estera del Bel Paese amico fraterno degli Stati Uniti. Tutto risolto con una cura onomatopeica: “Mi han detto vai nel tatatà e spara ai tatatà”. Mitragliatrice rulez.

SE IO FOSSI UN FALEGNAME - DIK DIK (1967)

Maria/falegname


Cover italiana del celebre brano folk “If I Were a Carpenter”, i Dik Dik lo reinterpretano con grande delicatezza. La canzone parla d’amore puro, che supera le differenze sociali e materiali. La voce e la musicalità del gruppo rendono il brano particolarmente romantico. È una dichiarazione semplice ma eterna, che continua a emozionare. Un classico del beat italiano. Nel 1967 Se io fossi un falegname dei Dik Dik è censurata per la presenza della parola "Maria" vicino a "falegname"; "Maria" viene quindi cambiato in "signora”.

DIO È MORTO - GUCCINI & NOMADI (1967)

Mi han detto

Che questa mia generazione ormai non crede

In ciò che spesso han mascherato con la fede

Nei miti eterni della patria o dell'eroe

Perché è venuto ormai il momento di negare

Tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura

Una politica che è solo far carriera

Il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto

L'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto

E un dio che è morto

Un brano che ha fatto discutere l’Italia intera, simbolo della rivoluzione culturale e del disagio giovanile degli anni ’60. Il testo, scritto da Guccini, denuncia una società in rovina, priva di ideali e valori autentici. La voce dei Nomadi amplifica la forza di questo messaggio, trasformandolo in un inno generazionale. È una canzone che invita alla riflessione e non lascia indifferenti. Ancora oggi, resta una delle più significative della musica italiana. Scritta da Francesco Guccini nel 1966 e incisa dai Nomadi l'anno successivo, per un equivoco riguardo al titolo (che rimanda a Nietzsche), fu censurata dalla RAI, ma fu trasmessa da Radio Vaticana, che spesso prendeva iniziative in controtendenza.

BOCCA DI ROSA - FABRIZIO DE ANDRÈ (1967)

Spesso gli sbirri e i Carabinieri al proprio dovere

vengono meno, ma non quando sono in alta uniforme

e l’accompagnarono al primo treno


Un racconto in musica, ironico e pungente, che descrive una donna libera e fuori dagli schemi. De André usa la sua poesia per parlare di moralismo, ipocrisia e desideri repressi. Il brano è un piccolo romanzo popolare, ricco di personaggi e situazioni memorabili. La melodia semplice sostiene un testo magistrale. Una delle canzoni più amate e discusse della musica d’autore italiana.  Il rapporto controverso fra il canzoniere di “Faber” e la censura potrebbe riempire le pagine di un libro. Bocca di rosa fa incazzare l’Arma dei Carabinieri. “spesso gli sbirri e i Carabinieri al proprio dovere vengono meno, ma non quando sono in alta uniforme e l’accompagnarono al primo treno” fu cambiato in: “Il cuore tenero non è una dote di cui sian colmi i Carabinieri, ma quella volta a prendere il treno l’accompagnarono malvolentieri”.

SEXUS ET POLITICA - GIORGIO GABER (1970)


Un album pungente, intelligente e provocatorio, in pieno stile Gaber. Il disco mette in scena il rapporto complicato tra sessualità e potere, con ironia e profondità. Il ritmo teatrale esalta la forza delle parole. Gaber ci invita a osservare la società con spirito critico e senza ipocrisie. Un album che resta sorprendentemente attuale. Nel 1970, il disco con testi liberamente tratti da celebri componimenti della letteratura latina, fu totalmente censurato dalla RAI a causa del titolo.


DIO MIO NO - LUCIO BATTISTI (1971)

La vedo in pigiama e lei si avvicina

vicina vicina vicina vicina

Dio mio no, Dio mio no

cosa fai che cosa fa


Battisti dà voce a un grido di dolore e smarrimento, in un brano emotivamente fortissimo. Il testo parla di perdita, paura e amore fragile, come solo Mogol e Battisti sapevano fare. La musicalità è intensa, quasi urgente. Ogni parola è caricata di sentimenti autentici. Una canzone che lascia il segno al primo ascolto.

Nel 1971 viene  censurata perché contiene i versi "la vedo in pigiama e lei si avvicina / vicina vicina vicina vicina / Dio mio no, Dio mio no / cosa fai che cosa fa"

IL GIGANTE E LA BAMBINA - RON (1971)

E la mano del gigante su quel petto di creatura

Scioglie tutta la paura, è un rifugio di speranza

È un rifugio di speranza è un rifugio di speranza


Un brano poetico e delicato, che affronta una storia complessa con grande sensibilità narrativa. La voce di Ron dà vita a un racconto emotivo che unisce dolcezza e malinconia. Il rapporto tra i protagonisti diventa metafora della fragilità e della forza della vita. La melodia è morbida, avvolgente, perfetta per accompagnare un testo così profondo. Una canzone che resta sospesa nel cuore. È uno dei rari casi in cui si può essere indulgenti con gli stessi censori perché si tratta di un episodio assurdo: si parla del punto di vista di un pedofilo. Eppure negli anni 80 fu la sigla di una pubblicità di un formaggio. Ma il testo è ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto.

4/3/1943 - LUCIO DALLA (1971)

Ancora adesso che bestemmio e bevo vino

per ladri e puttane mi chiamo Gesù bambino

Giocava alla Madonna con il bimbo da fasciare


Uno dei brani più celebri di Dalla, nato come racconto di una maternità difficile e di una vita di periferia. La censura dell’epoca modificò alcune frasi, ma il cuore della storia rimane intatto e potente. La melodia è dolce, mentre il testo tocca temi profondi con grande sensibilità. Dalla regala una delle sue interpretazioni più emozionanti. Un capolavoro senza tempo. Scritta con Paola Pallottino, era originariamente intitolato Gesù bambino. Per essere ammessa al Festival di Sanremo 1971, il titolo fu cambiato in 4 marzo 1943 e i versi modificati in «Ancora adesso che gioco a carte e bevo vino / Per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino» e «Giocava a far la mamma con il bimbo da fasciare».

LUCI A SAN SIRO - ROBERTO VECCHIONI (1971)

Parli di sesso, di coiti anali/

hanno ragione, sono un coglione, mi han detto:

 è vecchio tutto quello che lei fa, parli di sesso, prostituzione

fatti pagare, fatti valere,

più lecchi il culo e più ti dicono di sì,

e se hai la lingua sporca, che importa,

chiudi la bocca, nessuno lo saprà


Un classico intramontabile, dove Vecchioni intreccia nostalgia, ricordi e malinconia con la magia delle luci della Milano di un tempo. Il brano è un racconto poetico che tocca corde intime, parlando di amori passati e città cambiate. La dolcezza della melodia accompagna un testo ricco di immagini evocative. È una canzone che trasporta l’ascoltatore in un’altra epoca, tra emozioni sospese e desideri. Perfetta per chi ama la musica che racconta la vita con delicatezza. La Milano dei ricordi, il peso “liberato” di una struggente nostalgia. Forse in pochi sanno che il capolavoro autobiografico di Vecchioni subì parecchie correzioni. “parli di sesso, di coiti anali” a “hanno ragione, sono un coglione, mi han detto: è vecchio tutto quello che lei fa, parli di sesso, prostituzione”. Fino a “fatti pagare, fatti valere, / più lecchi il culo e più ti dicono di sì, / e se hai la lingua sporca, che importa, / chiudi la bocca, nessuno lo saprà”.

QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE - CLAUDIO BAGLIONI (1972)

La paura e la voglia di essere nudi/

Le mani sempre più ansiose di cose proibite

Forse il brano più iconico di Baglioni, un inno all’amore giovane, ingenuo e indimenticabile. La canzone racconta un sentimento puro, fatto di primi baci, emozioni nuove e dolci goffaggini. La melodia accompagna perfettamente questo viaggio nei ricordi adolescenziali. È impossibile non riconoscere il ritornello, diventato parte della cultura pop italiana. Un capolavoro che continua a parlare a tutte le generazioni.

Alcune parti della canzone erano considerate troppo provocanti ad esempio “La paura e la voglia di essere nudi”, diventò “la paura e la voglia di essere soli.” Le mani “sempre più ansiose di cose proibite” mutarono in “mani sempre più ansiose, le scarpe bagnate”.

A CRISTO - ANTONELLO VENDITTI (1974)

Ammàzzete Gesù Cri'


Venditti affronta il tema della spiritualità e del rapporto personale con la fede in un brano sincero e diretto. La sua voce calda dà al testo un’intensità particolare. Il brano mescola introspezione, denuncia e speranza, come molti successi del cantautore romano. Il linguaggio è semplice ma profondo, capace di toccare chiunque. Una canzone che invita a guardarsi dentro. Nel 1974 il brano arrecò al cantautore una condanna di sei mesi per una frase ritenuta lesiva per reato di vilipendio alla religione di Stato e diceva: "ammàzzete Gesù Cri' quanto sei fico" successivamente modificata in "ammàzzete Gesù Cri' quanto so' fichi".

BELLA SENZ'ANIMA - RICCARDO COCCIANTE (1974)

E quando a letto lui / ti chiederà di più


Uno dei brani più intensi e drammatici di Cocciante, un vero grido di dolore verso un amore che ferisce. La sua voce inconfondibile dà vita a un’interpretazione travolgente, fatta di passione e sofferenza autentica. Il testo è diretto, crudo, senza filtri, come una lettera aperta a un passato che ancora brucia. La potenza emotiva della canzone ha attraversato generazioni, rimanendo sempre attuale. Un classico per chi non teme la verità dei sentimenti. Arrangiato da Ennio Morricone e Franco Pisano il brano contiene l’esplicito verso “e quando a letto lui / ti chiederà di più”, cambiato in: “e quando un giorno lui / ti chiederà di più.”


BOLLICINE - VASCO ROSSI (1983)

Coca Cola chi, Coca chi non Vespa più e si fa le pere


Uno dei brani più celebri di Vasco, una critica ironica al consumismo e al mondo della pubblicità degli anni ’80. Il ritmo incalzante e il ritornello irresistibile lo hanno reso un’icona pop-rock. Il testo gioca con simboli e immagini della cultura di massa. Vasco usa la sua ironia tagliente per mettere in luce vizi e mode sociali. Un classico intramontabile del suo repertorio. Nel 1983 viene censurata la frase «Coca Cola chi, Coca chi non Vespa più e si fa le pere» e deve cambiare l'ultima frase in «chi non Vespa più e mangia le pere», anche se in molti album si trova la versione originale.

ANCORA, ANCORA, ANCORA - MINA (1986)

Io ti chiedo ancora la tua bocca ancora

le tue mani ancora sul mio collo ancora

 di restare ancora consumarmi ancora


Mina trasforma questo brano in un capolavoro di sensualità e classe, grazie alla sua voce magnetica e alla sua interpretazione unica. La canzone parla di desiderio e di passione, raccontati con eleganza e intensità. Ogni strofa è un crescendo emotivo che avvolge l’ascoltatore. Mina riesce a rendere semplice ciò che è profondamente complesso: l’amore carnale e romantico insieme. Un evergreen che non smette mai di emozionare. Come contenuti extra di questa classifica ricordiamo un caso curioso in cui a esser censurato non è stato il testo ma l’esecuzione. Durante la trasmissione Mille e una luce del 1978 la Tigre di Cremona si esibì in modo molto sensuale tanto da spingere il regista a censurarla. Fu l’ultima apparizione in tv di Mina. 32 anni dopo durante la trasmissione Minissima 2010 venne mandata in onda la versione autentica.

SABBIATURE - ELIO E LE STORIE TESE (1991)

Anche Andreotti

è stato giudicato

dalla corte Inquisitoria

per un caso di depistaggio

nelle indagini sul tentato golpe borghese

il caso poi

è stato archiviato come del resto altri 410, su 411


Con la loro solita genialità, Elio e le Storie Tese trasformano un tema assurdo in una canzone irresistibile. Il brano unisce virtuosismo musicale e umorismo surreale, come solo loro sanno fare. Il testo è un concentrato di giochi di parole e parodie sottili. L’arrangiamento ricco e dinamico rende il tutto ancora più brillante. Una perla per chi ama la musica intelligente e fuori dagli schemi. Nel 1991 la trasmissione televisiva in diretta del tradizionale Concerto del Primo Maggio è interrotta bruscamente durante l'esibizione del gruppo Elio e le Storie Tese per via del testo di denuncia che questi cantavano (il brano Sabbiature). I membri del gruppo furono trascinati forzosamente via dal palco. Quella degli Elio e le storie tese fu una delle prime esibizioni più controverse mai fatte in tutte le edizioni del “concertone”, assieme ai Gang e ai Litfiba.

PRETE - SIMONE CRISTICCHI (2005)

Non dubitare mai dell'esistenza del Signore,

lascia stare le tue fantasie sessuali di bambino,

quante volte ti sei masturbato il pistolino?

Il prete in molti casi è un uomo molto presuntuoso

Un brano intenso che affronta temi delicati come la fede, l’umanità e l’impegno sociale. Cristicchi costruisce un racconto emozionante, ispirato a figure reali e ai loro sacrifici quotidiani. Il testo è profondo e toccante, sostenuto da una melodia semplice e sincera. La canzone invita alla riflessione sul senso del servizio e della giustizia. Un pezzo che colpisce per autenticità. Nel 2005 la canzone  di Simone Cristicchi è stata esclusa, contro la volontà dell'autore, dall'album Fabbricante di canzoni. La canzone è reperibile comunque su internet.

CONCLUSIONE

Ripercorrere queste canzoni significa rivedere da vicino i momenti in cui l’Italia ha fatto i conti con il cambiamento, la paura e il desiderio di libertà. Ogni brano censurato racconta non solo un artista, ma anche un’epoca, con i suoi tabù e i suoi limiti culturali. Eppure, nonostante le restrizioni, molti di questi pezzi sono diventati veri simboli della musica italiana, amati e cantati ancora oggi. La censura, alla fine, non ha fatto che accendere ancora di più i riflettori su storie, idee e sentimenti che meritavano di essere ascoltati. E tu? Quale di queste canzoni “proibite” ti ha colpito di più?


Se vuoi altre informazioni, scrivimi a info@ilrespirodellestelle.com

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